"L'oppio finanzierà la jihad. Temo un nuovo Bin Laden"

Il magistrato anti-terrorismo da sempre in prima linea: "Tra i migranti possibili presenze di jihadisti"

"L'oppio finanzierà la jihad. Temo un nuovo Bin Laden"

Il nemico è tornato. Era il 2003 quando Stefano Dambruoso veniva incoronato dal Time tra gli eroi europei «per il coraggio professionale dimostrato nella caccia al terrore». Era solo la consacrazione al grande pubblico; il magistrato, simbolo italiano alla lotta del fondamentalismo, non ha mai smesso di essere in prima linea.

Come sono i talebani di oggi?

«Sono stati sconfitti, hanno avuto vent'anni per rialzarsi. Noi glielo abbiamo permesso. Inizialmente manterranno un basso profilo, cercheranno un dialogo, per convenienza. Alla comunità internazionale mostreranno il loro lato meno feroce e si organizzeranno. Il problema sarà quando emergerà un leader forte, un punto di riferimento religioso capace di parlare ai diversi gruppi fondamentalisti e di farli convergere. L'Afghanistan potrebbe tornare così ad esercitare la leadership, tornare terra di ospitalità e approdo, una palestra di addestramento per i jihadisti con lo Stato complice e solidale».

Dove sono oggi i fondamentalisti?

«Oggi trovano rifugio nei cosiddetti Failed States, Stati falliti, il Sahel, il Corno d'Africa, con un leader come è stato Bin Laden l'Afghanistan potrebbe tornare centrale».

Chi c'è nel loro mirino?

«Al primo posto gli Stati Uniti, non a caso l'intelligence ha alzato la guardia, ma subito dopo c'è l'Europa, con i suoi valori occidentali da combattere».

Di cosa deve preoccuparsi l'Europa?

«Il pericolo principale è il flusso migratorio. Si cercheranno soluzioni, uno Stato cuscinetto per migliaia di profughi in fuga. E non da ultimo il tema del terrorismo».

Terroristi tra i profughi?

«Attenzione perchè è vero che tutti quelli che fuggono sono nemici dei talebani, ma tra loro ci sono molti integralisti che arrivati in Europa potrebbero trovare comunità pronte a farsi condizionare. L'intelligence europea è già al lavoro su questo».

Tra loro potrebbero esserci anche lupi solitari pronti ad agire?

«Tenderei a escluderlo. II lupi solitari emergono da un disagio sociale forte, dalla mancanza di inserimento; ad esempio dalla massa di profughi che non trova integrazione. Penso ad Amri, tunisino ucciso a Sesto San Giovanni a Milano, autore dell'attentato a Berlino. Radicalizzato in cella».

Dal 2001 quali strumenti in più avete per vincere?

«Noi partivamo da zero. Basta dire che mancava anche il reato per terrorismo internazionale. L'antiterrorismo italiano si è sempre distinto, non a caso l'Italia non ha mai avuto attentati. Ma certo l'Europol fino a ieri aveva come principale obbiettivo la lotta al cyber terrorismo, d'ora in poi i jihadisti tornano protagonisti».

Quali pericoli vede per l'Italia?

«Il grande traffico di droga che aumenterà in modo esponenziale. L'oppio è da sempre una attività tra le più redditizie per i talebani. A Herat i militari italiani avevano riconvertito le coltivazioni di oppio in zafferano».

E oggi?

«Tutto finito. Nelle campagne sono tornati i talebani a imporre il 10% sull'oppio. A dimostrazione che nelle periferie il controllo si era perso da tempo».

Eppure si continua a dire che nessuno si aspettava una caduta così rapida...

«Dopo l'11 settembre l'Afghanistan è stata per gli americani una questione di vendetta portata a termine con l'uccisione di Bin Laden. Da lì in poi ha perso d'interesse. Basta dire che a Ferragosto sono entrati a Kabul senza sparare un colpo.

Quando nel 2018 Trump incontra Baradar, il leader dei talebani, gli americani lo avevano appena fatto uscire da un carcere in Pakistan. Accordi sbrigativi, che avrebbero avuto bisogno di un interlocutore affidabile, invece è stato scelto quello che era fuggito con il mullah Omar in moto. Non certo il più affidabile».

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