«Non serve appuntamento. Chi prima arriva, prima è servito». Così scriveva sul suo sito web David Amess, il deputato conservatore con quattro decenni di attività parlamentare alle spalle, accoltellato nella sua circoscrizione dell'Essex, mentre svolgeva una delle parti più importanti e delicate del suo lavoro: incontrare gli elettori. In un libro, meno di un anno fa, definiva quegli incontri «una grande tradizione inglese», pur ammettendo che «ognuno di noi potrebbe rimanere vittima di attacchi». Ecco perché quell'invito aperto - un modo per dimostrare che non ci sono barriere tra la politica che si fa a Westminster e i problemi della gente comune suona ancora più generoso e ingenuo se si pensa che è la stessa esortazione che la deputata Jo Cox rivolgeva dal suo sito, prima di essere uccisa alla vigilia del referendum sulla Brexit da un fanatico al grido di «Britain First», prima la Gran Bretagna.
Anche la laburista Cox fu accoltellata nella sua circoscrizione mentre svolgeva il suo lavoro, avvicinata dall'assassino poco prima di un appuntamento elettorale. Ecco perché, dopo il barbaro assassinio del decano parlamentare Amess, animalista, anti-abortista e pro-Brexit, la domanda che rimbalza più spesso in queste ore a Londra è soprattutto una: si poteva evitare? L'impressione è che sia diventato indispensabile potenziare le misure di sicurezza per i parlamentari. Non è forse troppo facile e rischioso per i deputati incontrare gli elettori senza essere debitamente protetti? Domande «corrette», ammette la ministra dell'Interno Priti Patel, che ha ordinato alla polizia di rivedere le misure di sicurezza dei deputati «con effetto immediato».
C'è «un rischio che stiamo correndo tutti» spiega subito dopo l'attacco Kim Leadbeater, la sorella di Jo Cox che ora occupa il suo seggio e si dice «terrorizzata», convinta che molti colleghi provino le stesse emozioni e pronta a cancellare gli appuntamenti elettorali dei prossimi giorni nel suo collegio, per paura. Il problema era stato sollevato proprio all'indomani dell'omicidio Cox ma era diventato secondario con la pandemia, dopo che il distanziamento sociale aveva cancellato gli incontri faccia-a-faccia. Ora la questione torna di prepotenza. Anche perché le misure di sicurezza a Londra e fuori dal Parlamento sono state potenziate, proprio a causa degli attacchi del terrorismo islamico nella capitale, ma il buco nero riguarda le aree secondarie, lontane dalla metropoli, dove è più facile per i malintenzionati agire indisturbati. L'Independent Parliamentary Standards Authority (Ipsa) aveva rivisto le misure di sicurezza e stanziato fondi aggiuntivi per ciascuno membro del Parlamento dopo l'omicidio Cox. E nei mesi successivi alla morte della deputata laburista, i parlamentari avevano speso 640mila sterline per misure di protezione aggiuntiva, dalle telecamere ai sistemi di allarme. Il problema, tuttavia, riguarda quei momenti delicati in cui i deputati si muovono al di fuori dei propri uffici. Il tema è urgente. «Nei prossimi giorni dovremo discutere ed esaminare la sicurezza dei parlamentari e qualsiasi misura da adottare», spiega lo Speaker della Camera Lindsay Hoyle. «La vita di David non sarà persa invano».
Le minacce di morte sono diventate pane quotidiano per i deputati inglesi, facilissime da recapitare tramite Internet, come ha confermato un report parlamentare, rilevandone il forte incremento dopo la Brexit. Il Covid ha fatto il resto. La crisi economica ha acuito la rabbia sociale, mentre l'uscita dalla Ue resta un tema divisivo.
Il terrorismo è una minaccia mai sopita ma molti altri temi rischiano di essere benzina per estremisti o cittadini mentalmente instabili. C'è inoltre la questione dell'imbarbarimento del dibattito pubblico, che alcuni osservatori definiscono «tossico». Così la paura è diventata presenza costante e crescente per chi si dedica alla politica.
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