In una guerra che si avvicina sempre di più a una situazione di stallo e in cui uno dei due contendenti, la Russia, aveva un consistente vantaggio materiale iniziale, gli analisti occidentali sono sempre più convinti che Mosca abbia giocato male le sue carte, per fortuna dell'Europa e degli ucraini.
Ad esempio uno degli argomenti più dibattuti, in questi giorni, è la follia strategica del continuo attacco verso Bakhmut nel Donbass. La città nell'oblast di Donetsk, un tempo 70mila abitanti, e i suoi dintorni sono sotto assedio dallo scorso maggio. Un «tritacarne», così è stata definita l'eterna battaglia attorno ai ruderi di Bakhmut: trincee dove i soldati soffrono nel fango, cannoneggiamenti continui, i boschi attorno all'abitato ridotti a infiniti monconi fumanti. Uno scenario da Prima guerra mondiale che, per altro, non sembra avere nessuna realistica rilevanza tattica anche se i russi riuscissero a spezzare la resistenza della città. Tanto che gli analisti dell'Istituto americano per lo studio della guerra (Isw) sono sostanzialmente basiti dall'inutile sforzo portato avanti, a costo di vite e mezzi. «Le perdite associate a sei mesi di brutali combattimenti intorno a Bakhmut superano di gran lunga qualsiasi vantaggio operativo che i russi potrebbero ottenere dalla cattura della città». Non bastasse, le offensive russe intorno a Bakhmut stanno consumando una parte significativa della potenza di combattimento a disposizione dell'Armata, facilitando il proseguimento delle controffensive ucraine in altre zone.
Questo inutile logorio di forze, gli ucraini sostengono che le loro perdite sarebbero in un rapporto di 1 a 7 rispetto a quelle russe (ovviamente è un dato di parte), è solo uno dei tanti esempi di errori tattici e strategici da parte dei generali di Mosca.
In moltissime occasioni la scelta russa è stata quella di impegnarsi a guadagnare terreno e non a ragionare in maniera «fluida», cercando di snidare e distruggere le forze ucraine. Insomma, avrebbero misurato la guerra più in termini di chilometri presi o perduti che in termini di vantaggi operativi, soprattutto dopo il fallito Blitzkrieg iniziale.
Indubbiamente una grande svolta strategica, questa volta a tutto vantaggio di Mosca, è avvenuta con la scelta di bombardare sistematicamente le infrastrutture energetiche ucraine. Ma anche in questo caso la mossa appare come tardiva. Se l'attacco fosse avvenuto contestualmente alla prima offensiva russa verso Kiev avrebbe potuto contribuire sostanzialmente a scompaginare la difesa e la logistica ucraina.
Ma al momento, per quanto l'impatto sia gravoso sulla popolazione, non sembra che l'attacco stia provocando un crollo morale degli ucraini. Tanto più che è in corso una duplice corsa, da un lato a fornire aiuti al sistema antiaereo ucraino (arriveranno anche i missili Aspide italiani) e dall'altro a fornire generatori e supporti per il sistema energetico.
Insomma neanche in questo caso lo strapotere aereo di Mosca è riuscito a portare un colpo da ko, anzi. Il prezzo pagato dal Cremlino anche in mezzi aerei persi sembra essere alto e anche il rifornimento di droni iraniani è diventato a singhiozzo.
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