L'Occidente si spacca sulla decisione della Corte Penale Internazionale di emettere mandati d'arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex ministro della difesa Yoav Gallant, e dell'attuale leader di Hamas Mohammed Deif.
Mentre gli Usa respingono categoricamente la mossa della Corte penale internazionale, l'Unione europea afferma che gli Stati membri sono tenuti ad applicarla. «La tragedia a Gaza deve finire. Sarò molto sobrio nel mio commento. Quella della Corte non è una decisione politica. È una decisione di un tribunale, e le decisioni dei tribunali devono essere rispettate e applicate», ha detto l'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri Josep Borrell. «Prendo atto della decisione, una decisione vincolante - ha aggiunto - Tutti gli Stati che fanno parte della Cpi, che comprende tutti i membri dell'Ue, sono vincolati ad attuarla».
La Casa Bianca, invece, ha affermato che gli Usa «respingono categoricamente» la mossa della Corte nei confronti degli alti funzionari israeliani. «Rimaniamo profondamente preoccupati per la fretta del procuratore di richiedere mandati di arresto e per i preoccupanti errori procedurali che hanno portato a questa decisione - ha sottolineato un portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale - Gli Stati Uniti hanno chiarito che la Corte penale internazionale non ha giurisdizione su questa questione».
Mike Waltz, nominato da Donald Trump come prossimo consigliere per la sicurezza nazionale, ha preso le parti di Israele senza se e senza ma, affermando che l'alleato «ha difeso legalmente il suo popolo e i suoi confini dai terroristi genocidi». Oltre promettere una «forte risposta al pregiudizio antisemita della Cpi e dell'Onu» a partire da gennaio. «La Corte non ha credibilità e queste accuse sono state confutate dal governo americano», ha scritto ancora su X.
I suoi commenti riflettono l'indignazione che serpeggia tra i repubblicani, con alcuni di loro che hanno chiesto al Senato di sanzionare l'organismo giuridico con sede all'Aja titolato a perseguire singoli individui in tutto il mondo per crimini a loro imputati. Come nel caso di Netanyahu, Gallant, e Deif, nei confronti dei quali è stato spiccato un mandato di arresto per «crimini di guerra e contro l'umanità».
È di fatto impossibile che il premier dello Stato ebraico possa essere arrestato in Israele perché non aderisce allo Statuto di Roma così come, tra gli altri, anche gli Usa, mentre in teoria questo potrebbe accadere qualora mettesse piede in uno dei 124 Paesi che ne fanno parte, e hanno l'obbligo di far scattare le manette.
In ogni caso anche l'amministrazione uscente, dopo che il procuratore capo della Cpi aveva presentato le richieste per i mandati d'arresto a maggio, aveva criticato la mossa: il segretario di Stato americano Antony Blinken in quell'occasione aveva messo in dubbio la legittimità di tali atti e ribadito il punto di vista di Washington secondo cui la Corte «non ha giurisdizione su questa questione». Nel frattempo il Senato Usa ha bloccato un provvedimento volto a fermare la vendita di carri armati e altre armi a Israele (per 20 miliardi di dollari).
Come riferiscono i media americani la misura proposta dal senatore progressista del Vermont Bernie Sanders, che avrebbe fermato la vendita, era stata introdotta per il timore di violazioni dei diritti umani e del numero eccessivo di civili e bambini uccisi dalle forze israeliane
nei territori palestinesi. Sanders ha raccolto solo 15 voti di sostegno, mentre 59 senatori su 100 si sono opposti allo stop, con la maggior parte dei democratici che si sono uniti ai repubblicani contro tali disposizioni.
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