«Attento Putin, se cado io il prossimo sarai tu». Aleksandr Lukashenko aveva già lanciato questo chiaro messaggio al suo protettore russo nei primi giorni della rivolta popolare bielorussa, convincendolo gradualmente a concedere al suo regime un sostegno anche militare. Ma ora, nell'imminenza (la data non è stata fissata ma la conferma ufficiale da Mosca è già arrivata) della sua visita al Cremlino, il dittatore di Minsk ha sentito la necessità di ribadire il concetto davanti ai giornalisti russi. Lukashenko rischia di affondare e si aggrappa disperatamente a Putin, consapevole che si tratta dell'unico che abbia interesse a mantenerlo al potere. E questo non solo per le note ragioni geopolitiche (Mosca pretende che la Bielorussia conservi il suo ruolo di avamposto «neutrale» ai confini orientali della Nato) ma soprattutto perché è altrettanto noto che Putin ha una maledetta paura che possa prendere piede anche in Russia una rivolta popolare sostenuta dai social.
Da qui anche l'uso spregiudicato di ogni metodo illegale per impedire ad Aleksei Navalny e al suo movimento politico di sfidarlo in una normale competizione democratica: le intimidazioni continuano, e dopo l'avvelenamento del leader dell'opposizione russa, tuttora ricoverato a Berlino, ieri a Novosibirsk è stato compiuto un attentato per mezzo di una bottiglia piena di un liquido chimico contro gli uffici del locale candidato di Coalizione Democratica, che fa capo a Navalny.
Tornando alla Bielorussia, ieri si è saputo che fine abbiano fatto i tre dirigenti dell'opposizione che ieri erano scomparsi a Minsk. Anton Rodnenkov e Ivan Kravtsov sono riapparsi in buona salute a Kiev, dove non è chiaro se si siano recati volontariamente. Quanto alla più nota del terzetto, Maria Kolesnikova, risulta invece che si sia rifiutata di varcare il confine con l'Ucraina dove era stata condotta a bordo del furgone su cui era stata costretta a salire lunedì mattina a Minsk. Il vice ministro dell'Interno ucraino Anton Gerashenko ha confermato che la donna da lui definita con rispetto «coraggiosa» - è stata condotta con Rodnenkov e Kravtsov a un posto di confine alle 4 del mattino, che i suoi due colleghi lo hanno varcato mentre lei pur di non seguirli ha stracciato il suo passaporto. A quel punto è stata ricaricata a forza sul furgone che ha fatto dietrofront. Ora risulta detenuta in una stazione della polizia di frontiera nella regione di Homel.
Mentre a Minsk continuano dimostrazioni e
arresti, dalla Lituania la leader dell'opposizione Svetlana Tikhonovskaja chiede a tutto il mondo di sanzionare Lukashenko e di non riconoscerne l'autorità che pretende di esercitare a nome dei bielorussi che lo rifiutano.
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