L'ultima dei salutisti: una dieta senza lieviti

Anche se non hanno patologie, 9 italiani su 10 non li vogliono più. Per gusto (e per moda)

L'ultima dei salutisti: una dieta senza lieviti

Altolà sfilatino, pizza e birra vado retro, panettone no grazie, un croissant? Magari un'altra volta. Sì, perché se è vero che i lievitati stanno vivendo un rinascimento in rilettura gourmet, c'è chi proprio non ne vuole sapere e li ha banditi dalla sua dieta. Per motivi essenzialmente di salute: un eccesso di lieviti nel menu quotidiano infatti può portare a gonfiore, problemi intestinali e senso di pesantezza. Anche se sono un po' gli ultimi arrivati nella grande categoria del «free-from», gli alimenti contraddistinti dall'assenza di un determinato ingrediente - glutine, zucchero, lattosio gli alimenti senza lieviti sono ricercati da un numero crescente di consumatori. Secondo un'indagine condotta da Vitavigor, azienda di grissini e prodotti da forno, su circa 1300 italiani tra i 18 e i 66 anni circa nove su dicei sono disposti ad acquistare questo genere di prodotto. Pur non soffrendo di alcuna patologia. E infatti la prima motivazione è tutt'altro che salutistica, ma di gusto. Il 33,7 per cento infatti ritiene i prodotti senza lievito più buoni o comunque di maggiore qualità, per il 27,6 sono più leggeri o provocano meno gonfiore, il 24 taglia la testa al toro dichiarandoli senza ombra di dubbio più salutari, il 7,3 li compera per curiosità mentre per un altro 7,3 sono più digeribili.

L'estensione del fenomeno è certificata dall'Eurispes, secondo cui quasi due italiani su dieci compra abitualmente al supermercato prodotti senza lievito, anche se solo il 4,6 per cento di loro riconosce di essere intollerante. E tutto ciò nonostante i prezzi più alti.

È da stabilire se ci troviamo di fronte a una moda passeggera o a una reale esigenza della salute; se ci siano dei reali vantaggi in questa fuga dal lievito (per inciso, trattasi di funghi microscopici che, in assenza di ossigeno, per ricavare energia demoliscono gli zuccheri degli alimenti su cui vivono, trasformandoli tramite un processo detto fermentazione).

«Il consumo di alimenti contenenti lievito come pane e pizza può essere responsabile dell'insorgenza di sintomi quali astenia, diarrea, gonfiore addominale, meteorismo, mal di testa spiega la dottoressa Valentina Schirò, biologa nutrizionista specializzata in scienza dell'alimentazione . Tali sintomi fortunatamente sono transitori: nel caso infatti di accertata intolleranza ai lieviti, sarà necessaria l'eliminazione dei prodotti che li contengono così come di quelli sottoposti a lievitazione non naturale, prediligendo cibi come cereali e derivati, carni e pesce, frutta e verdura».

Conferma il dottor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista presso l'Università Campus Biomedico di Roma: «Limitare l'uso di prodotti come pane, pizza e dolci da forno spesso aiuta a ridurre i processi fermentativi intestinali, in particolare nei soggetti che soffrono di sindrome dell'intestino irritabile o di disbiosi, patologie molto frequenti. Siccome il fabbisogno di carboidrati complessi è prioritario per una sana alimentazione, i consumi si sono spostati sui derivati dei cereali non lievitati.

A questo punto, però, diventa fondamentale la ricerca del prodotto composto da meno ingredienti aggiunti o da additivi, fermo restando che la possibilità di disturbi gastrointestinali può comparire comunque, soprattutto con un consumo eccessivo».

Va ricordato che i lieviti, oltre che nei prodotti da forno, sono presenti anche in formaggi, birra e vino. Buon appetito.

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