La lunga mano di Erdogan nei Balcani

La lunga mano di Erdogan nei Balcani

La crisi energetica delle ultime settimane dovrebbe rappresentare un campanello d'allarme per la necessità dell'Italia di porre la dovuta attenzione ai dossier geopolitici, eppure continuiamo a perdere influenza anche in aree storicamente sotto la nostra sfera d'interesse. Dopo la Libia è la volta dei Balcani dove l'attivismo turco e cinese erode spazi all'Italia. Ieri il presidente della Turchia Erdogan, durante una visita ufficiale a Tirana, ha siglato con il governo albanese «sette accordi di cooperazione legale, strategica e culturale, fra cui un memorandum d'intesa sulla cooperazione fra le forze dell'ordine dei due Paesi». La visita in Albania si è trasformata in una celebrazione del neo sultano che ha inaugurato i 522 nuovi appartamenti costruiti in dono dalla Turchia dopo il terremoto che ha colpito l'Albania nel 2019. Rivolgendosi al premier albanese Edi Rama, Erdogan ha affermato che «i fratelli sono a fianco dei fratelli nel momento del bisogno».

Parole che rientrano nel suo disegno di utilizzare la leva religiosa e culturale per espandere i propri interessi posizionandosi come protettore delle popolazioni musulmane, non a caso la comunità musulmana è la maggioranza in Albania. L'attivismo turco nei Balcani non si limita però solo al caso albanese ma interessa anche altri stati, dalla Macedonia del Nord al Montenegro. Un'espansione economica e geopolitica che va di pari passo con quella militare e, proprio in questi giorni, la Marina militare turca ha varato la sua prima nave spia.

Lo spazio d'azione per gli interessi italiani nei Balcani si riduce anche alla luce del ruolo giocato dalla Cina che tra il 2008 e il 2018 ha aumentato le esportazioni in tutta l'area: Bosnia (+44%), Montenegro (+40%), Macedonia del Nord (+40%), Albania (+22%) e Serbia (+16%). I Balcani rappresentano nel disegno cinese un territorio centrale nel corridoio della via della seta e, quanto avvenuto in Montenegro con la cosiddetta «trappola del debito», è emblematico.

In questo contesto l'Italia rischia di rimanere tagliata fuori con l'aggravante che stiamo parlando di un'area che dista poche decine di chilometri dalle nostre coste, eppure il dossier balcanico rappresenta una priorità per l'operato del governo, basti pensare che è stato indicato tra

i temi principali della partecipazione italiana alla Conferenza sul Futuro dell'Europa. Alle parole devono però seguire i fatti prima di ritrovarci alle porte di casa in una situazione geopolitica da cui siamo estromessi.

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