«Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall'Africa»: è il grido di Papa Francesco appena atterrato a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, 40esimo viaggio internazionale. Un discorso duro, il primo in terra africana, in cui Bergoglio condanna il «colonialismo economico» che «dopo quello politico» si è scatenato nel Paese. Un Paese, continua, «depredato» e che «non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse». Condanna, Bergoglio, «il veleno dell'avidità» che ha reso «i diamanti insanguinati», parlando anche di «genocidio dimenticato».
«La Repubblica democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate», prosegue il Pontefice, interrotto da lunghi applausi. «Basta soffocare l'Africa, non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare». Bergoglio fa suo il grido di chi non ha voce. Lo ascoltano le autorità, il corpo diplomatico, la società civile e il presidente Felix Antoine Tshilombo Tshisekedi, che denuncia «le potenze straniere avide di minerali che agiscono nell'Est del paese con l'appoggio diretto e vigliacco del Rwanda», nel «silenzio della comunità internazionale».
Il viaggio nella Repubblica Democratica del Congo era atteso con trepidazione dai congolesi. Tanto che, all'arrivo di Francesco, si sono create due ali di folla lungo l'arteria principale di Kinshasa. Un tappeto di gente, arrampicata in ogni dove, per chilometri e chilometri, per vedere anche un istante il Papa in auto scoperta. Canti, striscioni e danze locali hanno dato il benvenuto a Bergoglio.
«Avrei voluto andare a Goma confessa Francesco sul volo che lo portava a Kinshasa - ma c'è la guerra e non si può». «Il Papa non va a Goma, ma sarà Goma ad andare dal Papa», dice il Nunzio apostolico, monsignor Ettore Balestrero. Proprio oggi, dopo la messa per cui sono attesi due milioni di fedeli, Bergoglio incontra le vittime dell'est del Paese. Tra loro Paula (nome di fantasia), che ha subito violenze ed è dovuta scappare.
«Siamo stati per più di sei mesi nella foresta, è stata un'esperienza terribile, anche mia sorella ha subito violenza racconta con la voce rotta dal pianto -. Sono stati i banditi ruandesi dell'M23. Ma io li ho già perdonati».
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