Mafia Capitale, dopo Alemanno in cella pure Buzzi. L'ex prefetto: "Sciogliere Roma? Costava troppo"

La rivelazione di Gabrielli e il ritorno a Rebibbia del ras delle coop

Mafia Capitale, dopo Alemanno in cella pure Buzzi. L'ex prefetto: "Sciogliere Roma? Costava troppo"
00:00 00:00

Conta più il Pil della giustizia? La domanda sorge spontanea dopo la rivelazione dell'ex capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha ammesso una verità che tutti sapevano ma nessuno aveva il coraggio di dire. «Nel 2014 Roma non si poteva sciogliere per mafia, sarebbe costato il 2% di Pil».

È paradossale che questa rivelazione arrivi quando i tre principali protagonisti di Mafia Capitale che disvelò il magma politico-affaristico-criminale che sovraintendeva agli appalti, voluta dall'allora Procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, siano tornati in cella a distanza di poche settimane l'uno dall'altro.

Dopo Gianni Alemanno e Massimo Carminati, tra i capi dell'organizzazione criminale ma non mafiosa cercava di accaparrarsi in maniera illegittima i migliori appalti comunali c'era anche l'ex ras delle coop Salvatore Buzzi (foto), anch'egli da ieri a Rebibbia per scontare 4 anni. Neanche il suo percorso rieducativo né tantomeno i suoi legali (tra cui Alessandro Diddi, legale anche di Carminati, che con Pignatone ha lavorato al processo in Vaticano contro monsignor Angelo Becciu) ha convinto il tribunale di Sorveglianza di Roma iniziato meno di un anno fa, quando nel dicembre del 2023 aveva lasciato il penitenziario di Catanzaro. A pesare sulla decisione forse c'è anche la volontà di fare causa per 20 milioni di euro a chi ha gestito la «sua» coop 29 giugno.

L'ex sindaco di Roma Alemanno, che ha compiuto da pochi giorni 67 anni, è tornato in carcere a Rebibbia per scontare la pena residua di un anno e dieci mesi, colpevole di aver un po' bluffato ai magistrati sui suoi appuntamenti «politici». A fargli compagnia nel penitenziario romano c'è anche Massimo Carminati, che dovrà scontare una condanna a tre anni e quattro mesi per corruzione, diventata definitiva. A nulla sono valsi gli sforzi dei legali di chiedere l'affidamento in prova.

A dire la verità, visto l'esito fallimentare dell'indagine di Pignatone, che gli costò l'ambita poltrona di procuratore nazionale Antimafia, con l'aggravante mafiosa esclusa per le infiltrazioni del Mondo di Mezzo nell'attività amministrative della Capitale secondo le sentenze, è stato un bene non sciogliere il Comune guidato da Ignazio Marino, che peraltro cadde un pugno di mesi dopo spalancando le porte del Campidoglio al tragicomico quinquennio M5s di Virginia Raggi.

Se la tardiva verità di Gabrielli spazza via le ultime ipocrisie sullo scioglimento dei Comuni e conferma che la ferita di Mafia Capitale non si è mai definitivamente rimarginata, oggi è la politica a doversi interrogare su uno strumento che evidentemente dipende più da fattori «esterni» e dunque necessariamente politici rispetto a quelli che richiederebbe la norma. Perché non sciogliere Reggio Calabria quando i pm dimostrano che nel 2020 la 'ndrangheta aveva tentato di condizionare il ballottaggio equivale al mancato scioglimento di Bari, infiltrata dalla mafia pugliese nell'agenzia comunale dei trasporti, diventata il poltronificio della famiglia Pisani con concorsi e assunzioni pilotate.

A pensar male si dovrebbe dire che guarda caso sono due giunte rosse, che con quella di Roma di allora diventano tre.

Ma allora perché sciogliere Ostia o San Luca, dove si dovrebbe poter finalmente votare a distanza di anni di commissariamento? A che serve? Non è il caso di rivedere questo strumento di lotta alle cosche? E cosa resta d Mafia Capitale? Parafrasando Antonello Venditti verrebbe da fischiettare «certe inchieste non finiscono mai... fanno dei giri immensi e poi ritornano».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica