BerlinoQuando Martin Winterkorn, numero uno di Volkswagen Group, ha annunciato durante la conferenza annuale sui dati di bilancio che «sarà fermata la produzione dei modelli che non incontrano più il favore della clientela e deludono le aspettative dell'azienda», tra i giornalisti che affollavano la sala stampa allestita nello storico aeroporto berlinese di Tempelhof (quello del ponte aereo per salvare la città dai sovietici) è corso un brivido.
Perché, tradotto dal managerese, significa che un altro capitolo della nostra storia, non solo dell'industria dell'auto ma anche del costume e della moda, rischia di chiudersi. E stavolta definitivamente. Il Maggiolino, Käfer per i tedeschi, Beetle per gli americani e per tutti l'icona di Volkswagen; il modello da cui a Wolfsburg è disceso tutto il resto, potrebbe essere vicino al capolinea. Per la seconda, anzi terza e ultima volta. Chi lo ha posseduto e guidato e ne ha fatto l'inseparabile compagno di viaggi, avventure e amori, può sperare che Volkswagen non se la senta di mettere la parola fine a una storia lunga 77 anni, a un modello che siede a pieno titolo nell'Olimpo dell'auto sia perché rimane tra i più venduti di sempre (più di 20 milioni di esemplari) sia perché è stato il testimone e l'interprete di un'era, la rivoluzione dei figli dei fiori. Ma chi conosce gli uomini che guidano la casa automobilistica di maggior successo al mondo, sa che per costoro l'azienda stessa viene prima dei simboli.
Dunque, se necessario, anche un mito come il Maggiolino può essere sacrificato sull'altare dell'efficienza e della crescita. Winterkorn, a specifica domanda, non ha confermato l'indiscrezione, ma neppure l'ha smentita. E ciò suona come un'incriminazione se non una condanna, già emessa probabilmente per la versione Cabrio.
Peccato, perché tra i tentativi di rilancio di un modello iconico, quello del Maggiolino sarebbe l'unico senza successo. È andata bene, anzi benone alla Mini e ancora di più alla Fiat 500. Grazie al design azzeccato e ad architetture di base ancora adattabili alle esigenze e ai gusti degli automobilisti di oggi. Il Maggiolino, invece, nella sua prima riedizione (1998) ha fatto parlare di sé, dividendo l'audience per il suo design non convenzionale, ma soprattutto ha sofferto un deficit di abitabilità e versatilità.
E nella seconda (2011) dall'originalità è scivolato verso l'anonimato, senza colmare gli altri gap. Il risultato? Solo 90mila unità vendute in tutto il mondo nel 2014 (contro un milione di Golf), meno di 30mila in Europa (di cui poco più di 1.500 in Italia) e un trend in calo a soli tre anni dal lancio. Questa storia insegna quando sia difficile e delicato mettere mano a un'icona, anche per i migliori.
Noi continuiamo a fare il tifo per quel Maggiolino «tutto matto» che Walt Disney elevò al rango di star nel cinema e Dylan Dog nei fumetti, ma con disincanto: il mercato e le esigenze industriali, più che l'attaccamento a un'immagine - diciamolo francamente - ormai datata, faranno pendere la bilancia delle decisioni di Volkswagen da una parte o dall'altra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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