L'acciaieria Azovstal non esiste più, i russi hanno raso al suolo buona parte dell'hub di Mariupol. Se in superficie, soprattutto tra le macerie, ci sono ancora soldati del battaglione Azov e della 36esima brigata della Marina pronti a svuotare quel che resta dei loro caricatori, nelle viscere dell'impianto si contano almeno 800 civili asserragliati, mentre altri 100 si sono consegnati ai russi. I bunker al momento tengono, ma la situazione sta diventando sempre più drammatica con il trascorrere delle ore. Il comandante russo Mikhail Mizintsev ha fatto sapere di aver disposto tre convogli umanitari per liberarli. «Abbiamo 30 autobus e automobili per il trasporto di persone e 10 ambulanze. Sono stati preparati alloggi temporanei, pasti e cure mediche primarie. A loro la scelta». Non siamo invece arrivati alla resa militare, e il vice comandante degli Azov, Svyatoslav Palamar, ha parlato di «bombe pesanti che vengono sganciate in continuazione. Combatteremo, useremo tutte le cartucce che ci sono rimaste».
I russi avevano atteso due ore, dalle 14 alle 16. Questo lo spazio temporale offerto per una resa che non è arrivata, poi le famigerate bombe ad alto potenziale esplosivo Fab-3.000 hanno cominciato a brutalizzare l'impianto di Mariupol. L'area dell'acciaieria Azovstal è stata bombardata incessantemente per tutta la giornata per stanare l'ultimo drappello di soldati che tengono ancora in piedi le residue speranze di salvezza della città. A mezzogiorno il comandante in capo delle operazioni, Aleksander Dvornikov, aveva esortato gli ucraini ad arrendersi, a deporre le armi e a porre fine a una «resistenza insensata». I russi hanno quindi dato due ore di tempo ai soldati per uscire allo scoperto. Nessuno ha abbandonato le postazioni, come era già accaduto sabato e domenica, quando Mosca aveva sbandierato al mondo di aver annientato la resistenza ucraina dopo la scadenza dei precedenti ultimatum. Ieri però, 20 minuti dopo la deadline, un Tupolev TU ha sganciato una Fab-3.000 che ha terminato la sua corsa mortale tra l'acciaieria e l'ospedale, a pochi passi dalla riva sinistra del fiume Kalmius. In un primo momento si era sparsa la voce che nel nosocomio si trovassero circa 300 civili nascosti, notizia fatta circolare dal deputato Serhii Taruta, ma smentita poco dopo dal consigliere del sindaco Petro Andriushchenko. «L'ospedale era stato sventrato nelle scorse settimane, nessuno avrebbe mai cercato rifugio tra le macerie».
Il lancio della Fab-3.000 in una zona disabitata ha rappresentato un ultimo segnale d'avvertimento per costringere gli ucraini ad arrendersi, poi si è scatenato l'inferno. Mosca sapeva benissimo che nei bunker c'erano centinaia di persone, e a colmare possibili «vuoti di memoria» ci aveva pensato il comandante del reggimento Azov Denis Prokopenko, diffondendo lunedì notte un videomessaggio per invitare i leader mondiali a collaborare nella liberazione dei civili asserragliati. Nel filmato di quasi tre minuti si vedono bambini che giocano. Le loro bocche sorridono, ma gli occhi sono carichi di paura e le voci tremolanti. Le mamme cercano di tranquillizzarli, recitando una parte che non avrebbero mai voluto imparare a memoria.
Il calvario prosegue ad Azovstal, che con i suoi 11mila mq è una città nella città di Mariupol. I rifugi, costruiti in epoca sovietica, sono progettati per resistere agli attacchi di bombe aeree che pesano fino a una tonnellata. «Ordigni che ne pesano tre, come le Fab-3.000, sfonderanno il soffitto di cemento armato, e tutti questi bambini e le loro madri moriranno», aveva ammesso a malincuore il consigliere del ministero degli Interni Anton Gerashchenko. La replica di Mizintsev non si è fatta attendere: «Nessuno toccherà i civili, possono uscire dai rifugi, ci siamo organizzati per salvare le loro vite. I nazisti li hanno usati fino a ora come scudi umani».
Il sindaco di Mariupol Boichenko ha affermato
però che circa 40mila persone sono state deportate con la forza nelle regioni dell'Ucraina controllate da Mosca. Parlando a Channel 5, ha dichiarato che tali numeri «sono stati verificati attraverso il registro municipale».
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