«Chi candidiamo a Varese? Abbiamo qualcuno?». «No». «Potresti farlo tu». La proposta di correre come sindaco di Varese è arrivata a Roberto Maroni nel giugno scorso direttamente dal segretario della Lega, Matteo Salvini, durante una serata romana. Nel frattempo era persino girata voce che Maroni fosse un possibile candidato a primo cittadino di Milano. Lui spiega che è stato tutto un equivoco, che aveva risposto «c'è tempo» solo perché rimane convinto che le vere carte milanesi si scopriranno in primavera. In ogni caso, adesso è ufficiale: l'ex ministro dell'Interno ed ex presidente della Regione Lombardia ha accettato di correre per la sua città. «Chi sono io per dire Tizio o Caio? Decidono i cittadini di Varese» ha detto Salvini. In realtà la sezione ha già detto sì.
Varese è la culla del Carroccio, tanto da far cambiare idea a Maroni che della Lega delle origini, insieme a Umberto Bossi, è stato uno dei fondatori. Maroni aveva deciso di lasciare la politica e adesso, proprio nel nome di Varese, accetta il passo indietro. È un candidato di peso, in grado di zittire (nonostante l'inchiesta per avere favorito una collaboratrice) chi azzardava che Salvini preferisse addirittura lasciare la città al Pd piuttosto che rafforzare la Lega di Varese, casa anche di Giancarlo Giorgetti e Attilio Fontana, per timore di alimentare l'ala nordista, ringalluzzita dai successi veneti di Luca Zaia e che non vede troppo di buon occhio la svolta nazionale e anzi sudista del segretario.
Salvini, in arrivo oggi a Catania, nei giorni scorsi l'ha definita «una Pontida del Sud», scatenando l'ironia del vignettista Vauro («non me li vedo i siciliani con le corna vichinghe»), e i tre giorni di kermesse partono con gli slogan «Lega per Salvini», «Prima gli italiani», «Processate anche me». Dal Ponte sullo Stretto all'immigrazione, dall'autonomia al Covid, dalla cultura all'ambiente, i dibattiti sono vari. Ma si concludono proprio sabato 3 ottobre: per quella mattina è stata fissata dalla Procura di Catania l'udienza preliminare per il caso Gregoretti, la nave della Guardia costiera italiana con 131 migranti a bordo (erano stati poi lasciati scendere i minorenni) che da ministro dell'Interno Salvini tenne bloccata dal 27 al 31 luglio 2019, da cui è nata l'inchiesta in cui è accusato di sequestro di persona. A differenza del caso Diciotti, dalla dinamica simile, accaduto l'anno precedente e per cui il Senato aveva negato l'autorizzazione a procedere, per la Gregoretti nel febbraio scorso Palazzo Madama ha concesso l'autorizzazione.
Salvini promette di tenere un profilo non eccessivamente alto con i magistrati e ha chiesto agli alleati di fare altrettanto. «Devono decidere se ci sarà un processo o meno. Conto che qualcuno dica: grazie, arrivederci e buon lavoro» ha detto ai suoi consiglieri regionali. Ma è anche un fatto che in coincidenza dell'udienza, al Porto di Catania è prevista la manifestazione «Catania, capitale europea della libertà. Processate anche me». Il medesimo Salvini a Fatti e misfatti del Tgcom24 ha dichiarato: «Che ci sia un tribunale che si permette di giudicare una scelta politica di governo è un precedente pericoloso... Mi sa tanto di processo politico». I problemi con i Pm sono più ampi: «Inauguro una stagione di turismo giudiziario».
A Torino è indagato per vilipendio della magistratura, poi c'è l'inchiesta sui fondi alla Lega. A Catania ci sarà una contromanifestazione della sinistra, con il Pd senza bandiere. Non sarebbe la prima volta che la Sicilia si infiamma all'arrivo di Salvini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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