Martha, prostituta per mantenere la figlia. Le due asiatiche che nessuno conosceva

La 65enne mandava i soldi in Colombia. Cinesi o thailandesi le altre due vittime: nessun loro documento all'ufficio immigrazione

Martha, prostituta per mantenere la figlia. Le due asiatiche che nessuno conosceva

Martha Castan Torres, 65 anni, in arte «Yessenia», era arrivata in Italia nel 2012. Una figlia da mantenere, lasciata in Colombia con i nonni, e una sorella di cinque anni più piccola, Maria, da raggiungere nella capitale. Comincia così la seconda vita di Martha, la prostituta uccisa a stilettate nel seminterrato di via Durazzo 38, che abbandona il suo Paese per una vita migliore. Una escort a buon mercato, 50 euro a prestazione, sufficienti però per pagare mantenimento e studi alla ragazzina, oggi 18enne. Con Maria, 60 anni, transgender, divideva i due locali ricavati fra le cantine di un'elegante palazzina a due passi dagli studi de La7 e della Rai di via Teulada. Assieme alla sorella la donna divideva l'appartamento con una terza donna più giovane, almeno per i primi tempi.

Persone tranquille, riservate ma a modo, ricordano i vicini, anche se molto infastiditi dalla loro attività. «Lo sapevamo tutti quello che succedeva al piano interrato», raccontano mentre la polizia tiene alla larga i curiosi. Martha si vedeva a spasso con il suo cane, uno Yorkshire. «Era sempre con lui», racconta un uomo a passeggio con il suo Carlino. «Ci siamo scambiati qualche parola proprio sui cani, ma niente più. Non immaginavo certo quello che faceva». Secondo i condòmini, però, il via vai di gente, a ogni ora del giorno e della notte, era diventato un problema. Tanto da affrontarlo in assemblea condominiale. Una questione, però, mai risolta. «Le donne pagavano regolarmente, non facevano chiasso, non c'erano i termini per mandarle via»; racconta una persona sulla sessantina. A preoccupare i vicini, però, la presenza di estranei nella palazzina, tanto da pensare a inoltrare una denuncia in polizia. «Ma, alla fine le abbiamo sempre tollerate. Tutti sapevano ma nessuno aveva la certezza di quello che accadeva realmente», racconta un altro condòmino. Riservate, sempre fra di loro, Martha e Maria conducevano una vita all'apparenza normale. Ottocento metri distanza, a pochi passi dal Tribunale di piazzale Clodio e dalla Circonvallazione, c'è via Augusto Riboty. Al 28 un'altra casa a luci rosse, lo sanno in tanti. Il quartiere si è svuotato di nuclei familiari da un paio di decenni per far posto a studi legali, notarili, medici e massaggiatrici. Per accedere al primo piano bisogna rispondere a un messaggio. La foto indica il citofono e il prezzo della prestazione, anche in questo caso 50 euro. Ma di chi ci viveva nell'appartamento non si sa nulla. Le due vittime, due asiatiche, potrebbero essere cinesi ma anche thailandesi. Due «fantasmi» per l'ufficio immigrazione. In casa non c'è uno straccio di documento, i locali sono affittati da anni a «teste di legno», ignare di quello che accadeva lì dentro. Per risalire alla proprietà le ricerche non sono facili. Le due vittime, la prima sui trent'anni, la seconda più grande di almeno 10 anni, le vedevano uscire solo per fare la spesa. «Buongiorno e buonasera, come si dice. Forse non parlavano nemmeno italiano», racconta una donna in strada. Certo è che in quelle tre stanze al primo piano ci vivevano almeno cinque persone, tre donne e un paio di uomini, da ieri scomparsi nel nulla. Anche qui del continuo andirivieni di sconosciuti se ne era parlato a lungo con l'amministratore.

Capitava spesso che i clienti suonavano ad altri condòmini perché loro non avevano alcun nome sul citofono. Molti erano preoccupati, alcuni impauriti. «Adesso, con l'assassino in circolazione siamo terrorizzati», dicono gli abitanti.

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