In un altro paese gli avrebbero dato una medaglia. Invece il poliziotto che a Roma Termini ha fermato un pregiudicato extracomunitario col coltello in mano é puntualmente finito nel registro degli indagati. L'agente infatti ha sparato e ha ferito all'inguine il ghanese che minacciava i suoi colleghi. La magistratura sta già esaminando le telecamere che hanno ripreso la scena per capire come sia partito il colpo, ma intanto si è messo in moto anche il solito carosello delle contestazioni; l'accusa, tutta italiana nella sua formulazione tortuosa e ipocrita, è di eccesso colposo nell' uso legittimo delle armi. Dove, già la lettura del capo d'imputazione è un cortocircuito in cui il buonsenso fa a pugni con la legge. E la norma è un guinzaglio corto che trasforma la difesa del territorio in uno slalom fra permessi e divieti. La domanda che si fa la procura di Roma è: perché il rappresentante della legge ha colpito il soggetto che pure si aggirava per la stazione con un atteggiamento non proprio francescano.
Il retropensiero che circola nell'opinione pubblica ha invece altre tonalità: chissà quante volte i militari pur davanti a situazioni di pericolo hanno infilato la testa nella sabbia della routine per evitare guai su guai. Inutile far presente che poliziotti e carabinieri devono decidere in una frazione di secondo come regolarsi: puntare la pistola, non puntarla, intervenire in un modo o nell'altro.
Per il legislatore il bandito va disarmato, ma è bene farlo con modi vellutati e con accenti buonisti.
Siamo al paradosso e al rischio di paralisi nella tutela dalla criminalità, ma questo passa il convento. « La norma - spiega Valerio de Gioia, giudice al tribunale di Roma, è in qualche modo figlia dell'eccesso colposo di legittima difesa. In quel caso si scandaglia l'azione del gioielliere che si è trovato i malfattori in negozio, qua si passa al setaccio il comportamento delle forze dell'ordine che però tutelano la collettività. Forse - aggiunge de Gioia - converrebbe rivedere l'impianto normativo valorizzando l'elemento soggettivo, il grave turbamento dell'agente che magari sbaglia in buonafede. Qualcosa di simile a quel che è accaduto con la modifica della legge sulla legittima difesa domiciliare. E questo - conclude il giudice - non vuole dire dare licenza di sparare o peggio di uccidere. Quando è stata varata la nuova legge sulla legittima difesa c' è chi ha immaginato che l'Italia intera diventasse un unico saloon da far-west, ma la previsione cupa è stata smentita dai fatti».
La professionalità e la correttezza delle forze dell'ordine sono un pilastro della democrazia, altra cosa è combattere il crimine con le mani legate dietro la schiena. Oltretutto da anni si parla del taser, la pistola che immobilizza con una scarica elettrica il delinquente, coniugando sicurezza e salute, ma per una ragione o per l'altra il taser è ancora una merce rara.
E allora chi porta una divisa deve intervenire come un chirurgo, valutando al centimetro il suo intervento. È probabile che alla fine il poliziotto sia prosciolto, ma intanto dovrà restare nel limbo per anni. Fra preoccupazioni, spese legali e promozioni negate. Un'umiliazione per lui, ma anche per tutti noi.
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