Il "Codice di condotta per le Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare", messo a punto dal Viminale con la "benedizione" dell'Unione europea, entrerà in vigore domani pomeriggio. Resta ancora da vedere se in calce ci sarà la firma di tutte le organizzazioni interessate o se qualcuna, o più di qualcuna, opterà in extremis per un "gran rifiuto". Nelle riunioni presiedute dal capo di Gabinetto del ministero dell'Interno, Mario Morcone, gli organismi, che ormai imbarcano il 40% dei migranti soccorsi sulla rotta Libia-Italia, non vogliono a bordo la polizia e rifiutano il divieto di trasbordo degli stranieri soccorsi su altre unità.
I nodi da sciogliere
Venerdì sera il Viminale ha spedito la versione definitiva del Codice che, per quanto sia quasi integralmente sovrapponibile alla precedente, recepisce un paio di correzioni. Che potrebbero non bastare a convincere le più intransigenti, come Sea Watch o Proactiva, ma che potrebbero essere un'apertura importante per Medici senza frontiere e Save the Children. Il nuovo Codice prevede che le Ong sottoscrivano "l'impegno a ricevere a bordo, per il periodo strettamente necessario, su richiesta delle autorità nazionali competenti, ufficiali di polizia giudiziaria" affinché possano raccogliere informazioni e prove finalizzate alle indagini sul traffico di esseri umani, "senza recare ostacolo alle attività umanitarie". Non c'è alcun cenno, né nella prima nè nella seconda stesura, alla disponibilità di armi. Le Ong vorrebbero che gli agenti le lasciassero a terra. Ma la richiesta che non ha la minima possibilità di essere accolta. Nell'ultima versione del Codice l'impegno a "non trasferire le persone soccorse su altre navi" appare stemperato dalla formula "fatta eccezione per i casi richiesti dal competente MRCC (il Centro di coordinamento marittimo, ndr)" e "sotto il suo coordinamento".
Le 13 norme che regolano le Ong
Il nuovo Codice elaborato dal governo italiano impegna le organizzazioni non governative, che operano nel Mediterraneo, a "non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata, e di non ostacolare l'attività di Search and rescue da parte della Guardia costiera libica", a "rispettare l'obbligo di non spegnere o ritardare la regolare trasmissione dei segnali Ais (Automatic identification system) e Lrit (Long range identification and tracking)", e a "non effettuare comunicazioni o inviare segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l'imbarco di natanti che trasportano migranti". Alle Ong viene, poi, chiesta l'idoneità tecnica (relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all'addestramento dell'equipaggio) per le attività di soccorso. Chi si trova a bordo deve, infatti, "osservare l'obbligo previsto dalle norme internazionali di tenere costantemente aggiornato" il Centro di coordinamento marittimo con cui sono chiamati a cooperare "eseguendo le sue istruzioni ed informandolo preventivamente di eventuali iniziative intraprese autonomamente perchè necessarie ed urgenti". Dovranno, inoltre, tenere "costantemente" informate "dell'attività intrapresa dalla nave" le competenti autorità dello Stato di bandiera. E in queste informazioni dovranno necessariamente rientrare anche "tutte le fonti di finanziamento per le attività di soccorso in mare" che dovranno essere comunicate, "su richiesta", alle autorità italiane "nel rispetto dei principi di trasparenza".
Nel Codice non è stata messa nero su bianco l'eventuale extrema ratio della interdizione di porti, ma è previsto che "la mancata sottoscrizione" del Codice di condotta o "l'inosservanza degli impegni in esso previsti può comportare l'adozione di misure da parte delle autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della legislazione internazionale e nazionale, nell'interesse pubblico di salvare vite umane".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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