La «maggioranza silenziosa» di Milano ieri, davanti alla sua statua deturpata, ha alzato la voce: «L'Italia è orgogliosa di Montanelli»; «Uomo onesto e impareggiabile scrittore»; «Il volto libero del nostro Paese»; «Indro, sempre controcorrente»; «Gambizzato dai brigatisti perché indipendente»; «Grazie per averci raccontato la Storia come nessuno ha mai fatto».
Se il loro obiettivo era sporcare l'immagine di Montanelli, hanno miseramente fallito. Sono riusciti solo a sporcare la sua statua: impresa da piccoli vigliacchi. Non vale la pena ricordare le presunte «motivazioni» che hanno fatto da squallido prologo al raid a colpi di vernice, né citare il sedicente «gruppo antifascista» che reclama la rimozione della scultura dedicata al giornalista; sarebbe fiato sprecato, buono solo per fare pubblicità a un'«associazione» che non rappresenta niente e nessuno.
Molto più significativo è invece registrare lo sdegno delle centinaia di persone che hanno trascorso la domenica a scattare selfie davanti all'«Indro imbrattato». Un rituale che - considerata la proverbiale idiosincrasia del giornalista verso il farsi fotografare - lo avrebbe mandato su tutte le furie; anche se un po', segretamente, gli avrebbe fatto piacere, considerato la soddisfazione con cui si compiaceva dell'ammirazione dei suo popolo di tanti lettori.
Giovani (tantissimi), anziani, uomini, donne. Ieri erano tutti lì, nei «Giardini di Montanelli» di via Palestro, nel cuore di Milano, sdegnati per lo sfregio. Scuotevano la testa. Per il gesto vandalico, certo. Ma anche per il gesto di insensibilità del Comune che non ha provveduto immediatamente a far ripulire la statua. Lo farà oggi, si spera. Completando ciò che qualche volontario di buona volontà ha già cominciato a fare.
«Il sindaco Giuseppe Sala ha condannato l'atto con un video postato via social, senza però mostrare quella reattività morale, politica e civica per evitare che nelle case degli italiani entrasse l'immagine deprimente del monumento umiliato», accusa un signore. Subito incalzato da un altro, con una domanda provocatoria: «Possibile che a Palazzo Marino non ci sia uno straccio di assessore in grado di spedire una squadra di operai per rimuovere la vernice rosse e quelle ingiurie?».
Al contrario è spuntato perfino chi, come la consigliera comunale le del Pd, Diana de Marchi, è arrivata a dire: «Riconosco come valide le ragioni della richiesta di rimuovere la statua di Montanelli. Vanno indagate le motivazioni che hanno portato all'intitolazione, verificando se siano ancora oggi fondate». Davvero complimenti.
«Questa consigliera e quanti sono d'accordo con lei non so come facciano a guardarsi allo specchio senza vergognarsi - denuncia una signora che ieri non è riuscita a trattenere le lacrime davanti alla statua inzozzata di rosso -.
Quelle due offese, razzista stupratore, sono quanto di più lontano dall'indole di Montanelli. Come sa bene ha studiato la sua vita e la sua carriera professionale».Ma leggere costa fatica. Buttare un po' di vernice su un monumento, è molto più facile.
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