Il ministro Cartabia boccia il carcere facile. "Sanzioni per sostituire le pene brevi"

Il Guardasigilli vede martedì i capigruppo di maggioranza: sul piatto il Csm

Il ministro Cartabia boccia il carcere facile. "Sanzioni per sostituire le pene brevi"

Troppe leggi. Troppi processi. E troppo carcere. Troppo di tutto. Marta Cartabia interviene a Padova ad un convegno e spiega il malfunzionamento della giustizia italiana. Lei ci ha provato, ma le riforme in rampa di lancio sciolgono solo qualche nodo. Gli ostacoli, i macigni sul cammino dei procedimenti, sono ancora lì. Il Guardasigilli lo sa perfettamente e lo comunica al pubblico chiamato dall'Associazione Padova Legge: «Ci sono ancora molti problemi, come l'uso della custodia cautelare in carcere già oggetto di una riflessione attenta nell'ultimo Consiglio dei ministri d'Europa. Quante detenzioni in carcere - spiega il Guardasigilli - ci sono per pene brevi in cui di fatto le persone vengono esposte ad una criminalità per cui si rischia di ottenere effetti contrari a quello della rieducazione?».

È un aspetto noto e sconcertante del nostro circuito penitenziario: detenzioni rapide e frammentate, si entra, si prende il peggio del sistema, si esce, si ricomincia spesso come e più di prima, le prigioni sembrano avere porte girevoli come gli hotel. In questo contesto è fra l'altro impossibile avviare seri progetti educativi.

Per questo Cartabia rilancia la sua idea: «Sanzioni sostituite alle pene brevi per evitare inutili passaggi in carcere che sono dirompenti per il carcere e per la persona». C'è molto da fare, anche perché il capitolo penitenziario ha almeno un altro lato, tutto da esplorare: non solo le condanne a una manciata di anni che, fra bonus e sconti, finiscono solo con l'ingarbugliare l'apparato, ma la piaga delle carcerazione preventiva che troppe volte anticipa una clamorosa assoluzione. Secondo Enrico Costa di Azione dal 1991 al 2020 ci sono stati trentamila fra assoluzioni e proscioglimenti. Più o meno mille l'anno, due o tre al giorno. Uno sproposito. Il ministro offre un altro dato, complementare: «Il 35 per cento dei processi si chiude con l'assoluzione». Un numero a suo modo inquietante, perché il malcapitato spesso è finito dietro le sbarre ed è stato colpito dallo stigma della riprovazione sociale.

C'è poi la nebbia della prescrizione e anche qui le cifre fanno piazza pulita della retorica giustizialista: «La prescrizione dei reati colpisce il 37 per cento dei procedimenti in fase di indagini preliminari, in totale il 65 per cento entro il primo grado».

Dunque, per quanto possa sembrare incredibile, il collo di bottiglia è già nell'azione a rilento delle procure: se i processi durano tanto, le indagini vanno avanti ancora di più. E molti fascicoli muoiono prima ancora che si arrivi a sentenza.

Ricapitolando e completando: troppe notizie di reato e troppe leggi, troppe indagini e troppi verdetti, troppo carcere e troppa prescrizione.

Poi c'è la crisi della magistratura e qui il ministro della giustizia invita a non generalizzare: «Non è giusto travolgere l'intero mondo della magistratura negli scandali Palamara e simili. La maggior parte dei giudici sono laboriosi, coscienziosi e dediti al loro compito».

Certo, occorre cambiare e per questo Cartabia impegna due concetti, intervenendo a Parma alla festa del quotidiano Domani: «Ci vogliono le necessarie riforme - risponde al direttore Stefano Feltri - ma soprattutto la rigenerazione che attinge a un sostrato culturale». Il cantiere legislativo riapre martedì con i capigruppo della maggioranza. In agenda, il nuovo Csm.

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