Una delle sfide maggiori del prossimo governo riguarda l'economia. In effetti, dopo decenni di stasi e declino l'Italia ha bisogno d'imboccare il sentiero di una crescita solida, che freni l'emorragia di giovani brillanti e intraprendenti. In un'Europa che nel suo insieme cresce assai poco, l'economia italiana si distingue particolarmente per la sua incapacità nell'affrontare le sfide attuali.
Larga parte dei nostri problemi, però, sono concentrati nel Mezzogiorno. Mentre nel Centro-Nord non si è lontani dalle aree più avanzate, il Sud da troppo tempo è incapace di ridurre il divario che lo separa dal resto del Paese. Nel Meridione il prodotto interno pro capite è circa il 55 per cento di quello del resto della penisola e proprio questo gap è evocato da quanti hanno promosso le politiche assistenziali che pure hanno cronicizzato i problemi. L'economia meridionale, allora, non ha affatto bisogno di aiuti (che in questi decenni hanno fatto più bene che male), ma semmai di un quadro di regole che spinga i cittadini del Mezzogiorno a cogliere le opportunità e imboccare un percorso virtuoso. Per tale motivo, se anche stavolta ci sarà un ministro per il Mezzogiorno, è necessario che quanto meno conosca le radici del problema e di conseguenza imbocchi una strada diversa da quella percorsa da chi ha creato la Cassa del Mezzogiorno, le «cattedrali nel deserto» dell'industrializzazione pubblica, gli aiuti pubblici ai grandi gruppi privati e il voto di scambio assistenziale del reddito di cittadinanza.
Si può essere più o meno coraggiosi nel liberare l'economia del Sud dall'intervento statale, ma una strategia che si può certo individuare senza abbandonare l'idea di un «trattamento privilegiato» può consistere nel ridurre la tassazione, al fine di premiare chi produce ricchezza. Se nelle isole Canarie le imprese innovative devono consegnare all'erario soltanto il 5% degli utili, qualcosa di simile si potrebbe adottare per il Sud.
Questo stimolerebbe chi ha voglia d'intraprendere e attirerebbe pure investimenti da fuori, come avvenne in quell'Irlanda che alcuni decenni fa ha costruito il proprio presente di prosperità. Perché solo più libertà e meno Stato possono dare un futuro al Mezzogiorno.
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