Napoli C’è imputato e imputato, anche in campagna elettorale. Il ministro dell’Interno Marco Minniti si è ritrovato al fianco di quello per bancarotta fraudolenta (Piero De Luca, figlio del governatore-sceriffo) risparmiandosi però quello per omissione d’atti d’ufficio (Franco Alfieri, ai più noto come «Mr Fritture di pesce»). Ieri mattina, il titolare del Viminale ha partecipato a un tour elettorale a Salerno - dov’è capolista nel proporzionale per il Senato - in compagnia del rampante rampollo del presidente della Regione Campania, candidato nell’uninomale. Ma ha disertato - ufficialmente per «sopraggiunti impegni istituzionali» - le tappe che pure erano state inserite in agenda. Quelle che lo avrebbero portato in provincia, prima a Paestum e poi a San Gregorio Magno, dove Alfieri si sta giocando la sua faticosissima partita per uno scranno a Montecitorio. I detrattori sostengono la tesi della «virata» all’ultimo secondo disponibile da parte di Minniti per non creare incidenti diplomatici e d’immagine dopo l’attacco frontale, di qualche giorno fa, di Antonio Vassallo. Il figlio del sindaco-pescatore, ucciso otto anni fa a Pollica, ha chiesto a Renzi di non accostare più il nome del padre ai circoli dem proprio a causa della candidatura di Alfieri, condannato dalla Corte dei conti a risarcire il Comune di Agropoli, di cui è stato sindaco, con 40mila euro e imputato per omissione d’atti d’ufficio per aver lasciato al clan degli zingari tre appartamenti confiscati in città. In memoria di Vassallo, sempre ieri, si è tenuta una marcia per sensibilizzare la magistratura a continuare le indagini, approdate a un nulla di fatto, per identificare e condannare l’autore dell’assassinio del politico cilentano. Da buono stratega, Minniti ha comunque evitato qualsiasi riferimento a Vassallo e Alfieri mantenendo il profilo istituzionale che l’ha caratterizzato finora. «Le mafie votano e fanno votare, le forze politiche dicessero che quei voti non li vogliono - ha affermato il ministro dell’Interno nel corso del suo intervento nella Stazione marittima di Salerno - sono qui per dire una cosa semplicissima, per quanto riguarda il Pd, noi quei voti in Campania non li vogliamo». In prima fila, ad applaudirlo, De Luca jr; sotto processo per bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa, il primogenito del presidente della Regione Campania avrebbe beneficiato del pagamento di viaggi in Lussemburgo per complessivi 13mila euro tra il 2009 e il 2011 più altri benefit.
Biglietti che, stando alla ricostruzione della Procura, sarebbero stati pagati dall’imprenditore Mario Del Mese, socio al 50 per cento della società immobiliare Ifil, poi fallita, e nipote dell’ex parlamentare Udeur Paolo Del Mese. Accuse che dovranno reggere la prova in dibattimento. Così come per Alfieri, l’imputato dem che però chissà perché è un po’ più «impresentabile» degli altri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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