![Il miracolo del bob: nessun disastro e tempi rispettati. In lutto gli eco-gufi](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/06/1738821193-screenshot-2025-02-06-065201.png?_=1738821193)
Non è la consueta sconfitta degli ambientalisti a fronte di un'opera che non volevano ma che poi si è fatta lo stesso, come quasi sempre: è una sconfitta olimpica, storica, al fotofinish, una medaglia di legno (in larice) dopo infiniti sorpassi e risorpassi e colpi di scena: la nuova pista da bob di Cortina è davvero lì, quasi segretamente pronta anche perché l'avanzamento forsennato dei lavori era nascosto da recinzioni come neanche per i lavori del Tav, e la battaglia per costruirla era data per persa un po' da tutti.
Non c'era la pista, solo un anno fa, non era stato abbattuto il «bosco» su cui costruirla, non avevano spianato l'area e non c'era neanche il villaggetto per ospitare gli operai; poi, ancora una volta, si potrà riflettere sulla miracolosa capacità italiana di cimentarsi con lo straordinario e difettare nell'ordinario: sta di fatto che lo straordinario c'è, anche se naturalmente sul filo di lana, col fiato su collo del Comitato olimpico internazionale che non vedeva l'ora di trasferire le gare a Lake Placid (Usa) dopo un'offerta d'oltreoceano che aveva il sapore di un'assistenza in extremis per questi soliti italiani pasticcioni.
Sicuramente disfattisti, questi italiani: perché a scalmanarsi contro l'abbattimento di un po' di larici (per niente rari né peculiari, anzi) c'era il peggior conformismo ecologista.
Un elenco approssimato ha visto impegnati Club alpino italiano, Mountain Wilderness, Wwf, Europa Verde, Italia Nostra, Federazione Pro Natura, Legambiente, Lipu, Touring Club Italiano, Extinction Rebellion, Ultima Generazione, Climate Venice Group, Friday for future, oltre ovviamente a vari gruppi politici regionali del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia, del Trentino-Alto Adige e della Lombardia.
Già un anno fa, in libreria, un istant-book titolato «Scivolone olimpico» recitava l'epitaffio di un morto che non era neppure nato, e che però ora è lì, lancia i primi vagiti per lo scorno anche di Saint-Moritz (Svizzera) e Innsbruck (Austria) e la citata Lake Placid (Usa) che si erano prontamente offerte come «piano B»: tutti interessi economici legittimi che affiancavano quelli forse più stupidamente pretestuosi che il nostro ambientalismo abbia mai prodotto: il larice rappresenta l'unica conifera decidua spontanea in Italia, e col suo legno ci costruiscono tutte le tenute di montagna, le case, le fattorie, i pali per le recinzioni, le paratie per le valanghe, i paraventi, le pergole, e con la resina ci fanno le vernici in tutta Europa; l'abbattimento ordinario dei larici (con qualche betulla e abete rosso) è già abitualmente previsto dal Piano di gestione. Accade in un Paese che non ha mai avuto così tanti alberi negli ultimi 1500 anni: l'ultimo censimento ne enumera 12 miliardi su 11,1 milioni di ettari, il 36 per cento del territorio, fanno circa 200 alberi per italiano; nei primi decenni del Novecento, per dare un'idea, i boschi occupavano circa 3 milioni e mezzo di ettari: non 11.
Abbiamo alberi a strafottere, ma è tutta una gara a piantarne di nuovi: lo faranno anche a Cortina dopo che anche il Pnrr del governo Draghi prevedeva di riforestare 14 città (ovviamente non è stato fatto) e con il paradosso che l'Italia resta il maggior importatore europeo di legna da ardere, mentre l'industria del mobile importa il 90 per cento del legname che le serve.
Persino le nostre centrali basate su energie rinnovabili (tipo le biomasse legnose) importano il materiale da Canada, Brasile e Sud del mondo. Il risultato è che in Italia non si disbosca, ma gli ambientalisti più radicali criticano anche i viaggi transoceanici per procurarsi il legno: perché i viaggi inquinano, sapete.
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