Chiara Giannini
Forse almeno una parte dei 140 morti del Moby Prince poteva essere salvata: è ciò che è emerso dalla relazione finale della commissione d'inchiesta del Senato sulla tragedia che il 10 aprile 1991 si consumò nelle acque di fronte a Livorno.
«Non è possibile dire scientificamente che sono morti tutti nello stesso momento ha chiarito il presidente della commissione Silvio Lai, di fronte ai familiari delle vittime, al sindaco di Livorno Filippo Nogarin, al presidente del Senato, Pietro Grasso e a numerosi altri rappresentanti istituzionali - . Le ustioni sul corpo sono talmente elevate che non si può stabilire ogni persona quando è morta. Ci sono almeno 3 o 4 casi evidenti in cui la morte non può essere sopravvenuta entro mezz'ora e altri in cui la sopravvivenza supera anche l'ora. L'autopsia, peraltro, fu fatta solo per il riconoscimento delle vittime e non per analizzare le cause di morte».
E ciò che è più grave risulta anche dalla testimonianza di Bertrand, l'unico sopravvissuto è che i soccorsi arrivarono quasi un'ora e mezzo dopo l'impatto e che non si cercò subito di spegnere l'incendio, condannando, di fatto, possibili sopravvissuti a morte certa.
Ma il lavoro della commissione ha evidenziato anche altri elementi importanti. In primis quello che la presenza della nebbia nelle fasi antecedenti e successive alla collisione del Moby Prince con la petroliera Agip Abruzzi non è stata confermata né dai numerosi testimoni oculari dello scenario, né dai documenti acquisiti. Non è stata quella, quindi, ad aver causato l'incidente.
Altro punto su cui la commissione ha focalizzato l'attenzione è la posizione della petroliera che, a quanto pare, si trovava in zona di divieto di ancoraggio.
A confermarlo potrebbero essere, tra l'altro, i rilievi che la Marina militare sta effettuando nei fondali sotto al punto in cui le due navi si scontrarono. È lì che sono in corso l'esame e il recupero di alcuni reperti, da poco scoperti e che apparterrebbero ai due natanti.
Ma che successe esattamente quella notte?
Ciò che è certo, secondo quanto risulta dalla relazione, è che il Moby si scontrò di prua con la petroliera, rimanendovi incastrato per oltre 5 minuti. Da alcuni filmati risulterebbero due esplosioni, una a poppa dell'Agip Abruzzi, l'altra sul davanti del traghetto.
Ma ci sono altri lati oscuri su cui si tenta di far luce, come i tentativi di manomissione delle prove sul Moby ormai relitto o gli strani accordi tra l'Agip e la Navarma, anche dal punto di vista dei risarcimenti alle famiglie delle vittime.
La speranza, lo ha detto anche il figlio di Ugo Chessa, il comandante morto sul Moby, Angelo, è che la relazione, che sarà trasmessa alla Procura «possa essere la base per una riapertura del processo. Oggi ha concluso ho sentito le parole che non avevo udito in 27 anni». Quelle su una strage che, lo ha ribadito il presidente dell'associazione «140», Loris Rispoli, «è stata dimenticata dall'Italia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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