Il governo non ci sta e accusa Bruxelles di alimentare «polemiche strumentali» sul caso dei controlli della Corte dei Conti sul Pnrr. Con una nota, Palazzo Chigi replica punto su punto alle sibilline critiche fatte arrivare per bocca di un portavoce della Commissione Ue sulla decisione di Roma estromettere la Corte dei conti dal cosiddetto controllo «concomitante» sul Piano. Nonostante sia facoltà dell'esecutivo stabilire che l'organo di controllo effettui le verifiche sull'utilizzo dei fondi del Piano una volta terminate le procedure e non quando sono ancora in corso, l'Ue ha fatto arrivare un avvertimento che ha di fatto ha acuito le tensioni sul dossier. «Noi abbiamo un accordo con l'Italia sulla necessità di avere un sistema di controlli efficace per quanto riguarda la spesa dei fondi del Pnrr ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare», spiegava ieri il portavoce della Commissione. «Le autorità italiane hanno istituito un ente ad hoc responsabile del controllo dei fondi del Pnrr, monitoreremo con grande attenzione cosa prevede la bozza di legge al riguardo della Corte dei Conti. Come regola generale - ha proseguito - non ci esprimiamo sui progetti di legge e dunque non entriamo nel dettaglio. Possiamo dire che il Pnrr richiede una risposta proporzionata vista la sua natura unica, essendo un programma di spesa basato sulle performance».
Ma Palazzo Chigi in una nota risponde piccata alle osservazioni fatte filtrare dal portavoce Ue. Il quale, fa notare il governo, dice che la «Commissione non commenta i progetti di legge ma subito dopo - senza alcun approfondimento di merito - lo stesso portavoce fa seguire delle considerazioni che alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà». Gli emendamenti del governo sotto accusa - sui controlli della Corte dei Conti e sulla proroga di un anno dello scudo erariale - «non modificano quanto già concordato tra Commissione e Governo», spiega la nota. Si ricorda poi che la legge, che risale al governo Draghi, affida ai magistrati contabili il controllo «nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante, con criteri di cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea. Tale disciplina non solo resta in vigore, ma viene pienamente attuata».
Quanto allo scudo erariale, «la norma è in vigore già da tempo e non ci sono mai state osservazioni. È rimasta in vigore per tre anni con due diversi governi, senza aver provocato alcun rilievo, siamo certi che la linea della Commissione non cambierà di fronte alla proroga di un altro anno decisa da un governo di diverso segno politico». Infine, sui rapporti tra l'esecutivo Meloni e la Corte dei conti si ribadisce «il lungo, cordiale e proficuo incontro» di ieri a Palazzo Chigi, che ha portato «all'apertura di un tavolo di lavoro». Viene rivendicato anche come a dare ragione al governo ci siano voci autorevoli come quella del presidente emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese, che ha spiegato come l'esecutivo abbia «fatto benissimo a resistere alle tentazioni e limitare il controllo preventivo della Corte dei Conti. I controlli preventivi e concomitanti nel nostro Paese sono l'esercizio di un potere».
E ancora: «Ci sono degli aspetti di merito sui controlli e di metodo sul modo in cui si è svolta questa vicenda, che dà completamente ragione al governo».Dall'opposizione c'è anche l'appoggio di Carlo Calenda, Azione: «Sulla Corte dei Conti io ho detto che a me sembra che quello che ha fatto il governo è del tutto logico, non c'è nessun pericolo autoritarismo».
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