Morta d'ecstasy, il fidanzato resta in cella

Il gup convalida l'arresto insieme a quello del suo amico. Indagato un altro pusher

Morta d'ecstasy, il fidanzato resta in cella

«Sei la mia felicità, ti amo amore». Uno dei degli ultimi messaggi di Adele al fidanzato. E lui Sergio, che le rispondeva «Ti amooo acciughina», accompagnando le parole con romantici «emoticon», soli sorridenti con il cuore stampato sugli occhi. Uno dei tanti modi per sentirsi vicini in questi tempi così veloci e tecnologici, per ripetersi quasi compulsivamente quanto bene ci si voglia. Facebook è una delle finestre sul mondo che raccontano di questa felicità, attimi che solo le prime storie e l'«innocenza» delle gioventù, possono regalare.

Adele De Vincenzi, 16 anni, è morta all'alba di sabato stroncata da alcol ed ecstasy, maledetta droga che le avevano dato proprio il compagno, Sergio Bernardin, 21 anni, e l'amico diciannovenne Gabriele Rigotti durante un festino a casa. Due ragazzi amici e due ragazzine coetanee insieme a sballarsi «come avevamo già fatto...», diranno poi i superstiti- in un afoso week end a Genova. «L'amavo, non le avrei mai fatto nulla di male» ripete, anche davanti al giudice, Sergio. E dello stesso tenore sono le parole di Gabriele. Doveva essere solo una serata da sballo. Non una novità che per molti dei nostri ragazzi coniugare il divertimento con il «fuori di testa». Una sorta di allucinazione seriale e collettiva. Lo stupefacente loro lo avevano acquistato da un pusher minorenne, un diciassettene di Busalla finito indagato. A quanto pare solo uno che ci faceva la «cresta», un intermediario: lo spacciatore vero sarebbe un altro, un 20enne di origini ecuadoriane da anni residente nella stessa zona. Ma anche lui risulterebbe solo indagato a piede libero. Unici a finire in cella, dunque, gli acquirenti. Bernardin e Rigotti, agli investigatori, hanno raccontato di aver acquistato la metanfetamina mentre le loro fidanzatine li aspettavano in auto: 300 euro per sei-7 grammi di cristalli, metà dei quali non usati e trovati nella stanza presa in affitto da Rigotti. Scuse, lacrime e pentimenti non sono, però, bastati a convincere il gup Nicoletta Bolelli. Che, accogliendo la richiesta della Procura, ne ha convalidato l'arresto, temendo l'inquinamento delle prove. L'accusa, soprattutto secondo di ciò che dirà l'autopsia, potrebbe essere quella di cessione illecita di droga a minorenne e morte conseguente. Speravano andasse meglio gli avvocati difensori, scelti dalle famiglie dei due giovani: «Quanto accaduto è un fatto grave- ammettono- ma pensavamo ci fossero gli estremi per domiciliari». Dunque «faremo ricorso al tribunale del Riesame».

Gli stessi legali raccontano quanto i propri assistiti siano «sconvolti, traumatizzati. Come se gli fosse passato sopra un treno. Sono dispiaciuti per quanto successo, sono giovanissimi e non volevano che accadesse una cosa del genere». Esattamente ciò che, col massimo pudore, ribadiscono i genitori di Sergio. «Nostro figlio raccontano- era innamoratissimo di Adele, ora lui è disperato. Ci teneva a questa ragazza, in maniera incredibile. Spesso l'aveva portata in paese (Uscio, ndr) e l'avevamo anche conosciuta. Siamo distrutti per quello che le è successo e per la sua famiglia».

Marco Rigotti, gestore di un alberghetto a Sestri Levante, giura di non aver mai sospettato che il figlio Gabriele usasse metanfetamine. «Ero tranquillo, mi dicevo: ha la sua ragazza, sta bene con lei, non andrà a mettersi nei guai.

Abbiamo parlato di droga qualche volta, gli ho detto che uno spinello una volta ogni tanto potevo accettarlo piuttosto che quella schifezza sintetica e pesante o piuttosto che l'alcol. Finora non mi risulta che una canna abbia fatto morire nessuno, o no? Ma adesso penso a quella ragazza e allo strazio di suo padre e di suo fratello. Vorrei abbracciarli».

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