Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Dopo le accattivanti promesse iniziali accompagnate dalle infondate illusioni di tante «anime belle» occidentali i presunti «tale-buoni» sono pronti a riesibire la loro antica natura. A 24 ore dalle dichiarazioni su un possibile ritorno a mutilazioni ed esecuzioni pubbliche ecco i primi cadaveri appesi nelle piazze. Una messa in mostra indispensabile per dimostrare l'efficienza dell'Emirato e la sua capacità di garantire ordine e sicurezza.
La lugubre esibizione è andata in scena a Herat, il capoluogo occidentale che fino a giugno ospitava il comando italiano. A innescarla hanno contribuito le bande criminali protagoniste, da settimane, di rapimenti ed estorsioni. Ieri, poche ore dopo l'ennesimo sequestro di un uomo d'affari e del figlio, i talebani hanno fermato i quattro malfattori e li hanno crivellati di colpi. I loro corpi caricati sul pianale di un mezzo della polizia sono stati prima esibiti in giro per la città e, subito dopo, appesi a quattro gru in altrettante piazze di Herat. «Tutti i rapitori - ricordava un cartello appeso ai cadaveri - faranno la fine di costoro». Un concetto ribadito dal vice governatore Mawlawi Shir Ahmad Muhajir pronto a ricordare che la messa in mostra dei cadaveri servirà da «lezione» per gli altri criminali. «Siamo l'Emirato Islamico e nessuno - ha sottolineato - deve permettersi di sfidarci. D'ora in poi nessun rapimento sarà più permesso». Un concetto non dissimile da quello esposto, ventiquattr'ore prima, dal ministro delle prigioni Nooruddin Turrani che - da ex responsabile della polizia religiosa durante il primo Emirato - ha auspicato un ritorno a mutilazioni ed esecuzioni pubbliche. «Il taglio delle mani è indispensabile per garantire la sicurezza», ha detto Turrani spiegando che il governo studia la riedizione delle vecchie pene e l'eventuale loro applicazione in luoghi pubblici per moltiplicarne l'effetto deterrente. «Nessuno deve permettersi di spiegarci quali devono essere le nostre leggi. Seguiremo l'Islam - ha spiegato Turrani - e scriveremo i nostri codici in base al Corano».
Il veloce ritorno al passato dei talebani è ovviamente dettato anche da ragioni politiche. Non potendo garantire né libertà né benessere possono solo promettere, come già vent'anni fa, il mantenimento di una rigorosa e impeccabile sicurezza. Un tema peraltro assai caro all'opinione pubblica afghana. Negli ultimi vent'anni la corruzione e il disinteresse delle forze di sicurezza, impegnate quasi esclusivamente nella lotta ai talebani, ha lasciato mano libera alle organizzazioni criminali. Per i talebani il ritorno al taglio di mani e piedi e alle esecuzioni pubbliche è un modo per conquistare facili consensi in quelle grandi città dove i furti e le rapine rappresentano un'incognita quotidiana.
E alla conquista del cuore e della mente di una popolazione fin qui assai scettica nei confronti dei nuovi vincitori punta anche la decisione di denunciare alla Corte Internazionale i crimini di guerra commessi dagli americani e dai loro alleati.
«Abbiamo raccolto tutti i dati sui bombardamenti di ospedali, di abitazioni civili e di sale da matrimonio, oltre ad altri crimini di guerra, messi a segno dagli americani e dai loro alleati, Italia compresa, dal 2008 al 2017 e li abbiamo inviati al Tribunale dell'Aja - spiegava a Il Giornale giorni fa il ministro dell'informazione della provincia di Kandahar Noor Ahmad Said - ora attendiamo solo che aprano un'inchiesta. Vogliamo che quei crimini vengano risarciti e i loro responsabili condannati».
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