«Una provocazia». E di questi tempi, da quando al Cremlino c'è «Lui», il velociraptor travestito da cardellino ben pettinato e il sorriso mellifluo che risponde al nome di Vladimir Putin, le provocazioni si sa come finiscono. Una notte in cella e poi via, per direttissima, davanti a un Tribunale. Ed è già una conquista, ironizzano gli attivisti dei comitati moscoviti per i diritti umani ricordando che fino a una trentina, una quarantina d'anni fa, quando c'erano «quegli altri», per un aggettivo sbagliato si prendeva la direttissima per la Siberia.
Alexei Navalny, il blogger «colpevole» di aver organizzato la manifestazione non autorizzata di domenica, finita con centinaia di arresti, se l'è cavata con una condanna a 15 giorni di carcere per violazione dell'ordine pubblico e una multa di ventimila rubli, qualcosa come 320 euro. Una sciocchezza, tutto sommato, rispetto ai 10 anni di carcere inflitti nel 2003 a Mikhail Khodorkovsky, l'arcimiliardario che insidiava e ancor oggi insidia, da libero, il potere di ras Putin (locuzione che molti ormai leggono d'un fiato: Rasputin).
La repressione di domenica naturalmente si è guadagnata la ferma condanna di Europa e Stati Uniti. L'uso della forza dev'esser parso eccessivo anche all'«amico» Trump, se il presidente degli Stati Uniti si è sentito in dovere di incaricare il portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner, di alzare la voce, almeno. Ed ecco Toner: «Gli Usa condannano fermamente gli arresti di centinaia di manifestanti pacifici in Russia», si legge nella nota dello State Department. «E chiedono al governo russo di rimetterli subito in libertà, giacché fermare dei manifestanti pacifici è un affronto ai valori democratici fondamentali».
Così, naturalmente, la pensa anche Alexei Anatolevic Navalny, che ha postato una foto di se stesso ritratto sul banco degli imputati del Tribunale Tverskoi di Mosca. «Un giorno saremo noi a giudicare loro ha scritto su Twitter Navalny, che dal suo arresto e dalle manifestazioni di massa di domenica sta traendo una insperata visibilità internazionale -. Ma lo faremo in modo onesto». Cioè accusandoli in modo puntuale e documentato per le loro malversazioni, per la gestione clientelare e corrotta del potere da parte del regime. Cosa che Navalny ha già fatto con un film-documento che gira nell'etere da tempo. «Non io sono da interrogare - ha aggiunto successivamente Navalny - ma il premier Dmitri Medvedev. È a causa sua che migliaia di russi sono scesi in strada domenica».
Proteste formali arrivano anche da Bruxelles. Il giro di vite della polizia russa, che «ha cercato di disperdere le manifestazioni e ha arrestato centinaia di cittadini, compreso il leader dell'opposizione Navalny, ha impedito l'esercizio delle libertà fondamentali di espressione, associazione e assemblea pacifica, che sono diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione russa». Questo c'è scritto nella dichiarazione della portavoce di Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera europea. Posizione cui si allinea il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano «pur nel pieno rispetto della sovranità, della legge e della Costituzione della Russia». Va controcorrente Matteo Salvini: secondo il leader della Lega «stanno cercando nuovi eroi per attaccare Putin, ma più lo attaccano e si inventano hacker e altre storie e più i russi si compattano intorno al loro presidente».
Alle parole di condanna di Washington e Bruxelles ha risposto il portavoce di Putin, Dmitri
Peskov, che parla appunto di «provocazia». Una difesa d'ufficio che non basta a nascondere l'imbarazzo del Cremlino e la crescente debolezza di Ras-Putin di fronte alla protesta che sale inarrestabile da ogni angolo del Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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