Nei villaggi e al fronte cresce la resistenza: "Fermeremo i blindati"

Nel villaggio di Gorskoia, vicino al fronte, cerchiamo il sindaco, ma il municipio è occupato dai soldati che hanno piazzato i sacchetti di sabbia alle finestre

Nei villaggi e al fronte cresce la resistenza: "Fermeremo i blindati"

Zolotoje (Ucraina). La sbarra con il disco Stop è mezza aperta, ma non c'è anima viva. Un bunker al centro del posto di blocco sembra abbandonato e nei container o nelle postazioni dietro i sacchetti di sabbia non si vede un soldato. Il colpo d'occhio è spettrale e rende l'idea del clima di ultima spiaggia della prima linea ucraina di fronte all'avanzata delle forze russe assieme ai separatisti del Donbass. Dopo dieci minuti cominciamo a intravedere gli elmetti dei soldati ucraini, che spuntano ben mimetizzati e nascosti in una striscia di terra a fianco del posto di blocco. Due soldati armati fino ai denti ci vengono incontro a passo di corsa. «Siete pazzi? Questo è il fronte. I russi bombardano ogni giorno. Tornate indietro», ordina il militare più sospettoso con il dito sul grilletto, mentre l'altro si piazza in copertura come se fossimo infiltrati dei russi. «Il nemico è davanti a noi e può sparare in qualsiasi momento», ribadisce il teso soldato ucraino. In realtà alcune macchine passano a tutta velocità dirigendosi verso la zona controllata dai separatisti, che adesso contano sul possente appoggio dell'orso russo.

Un chilometro più indietro c'è un villaggio fantasma, che sembra semiabbandonato, ma resiste un distributore di benzina con una sola dipendente sprangata dentro come in una casamatta. Non facciamo in tempo a capire dove siamo, che piovono granate troppo vicine. L'unica possibilità è chiuderci con la benzinaia che ha una stanza senza finestre come rifugio. Olga ha lo sguardo dimesso di chi sa che potrebbe venire spaccata in due da un colpo di mortaio ogni giorno: «Bombardano sempre e colpiscono i villaggi qui attorno. Ho paura che arrivino i russi. Vicino alla casa di mio padre, proprio ieri, è piombato un razzo. Posso solo pregare Dio di salvarci». Le strade sono deserte e avvolte da una nebbia che rende ancora di più l'idea della zona di guerra in costante pericolo. Ogni tanto si incrociano colonne di blindati e camion carichi di soldati e munizioni. E pure un paio di carri armati sotto gli alberi in una strada secondaria per non farsi individuare da droni e caccia russi.

Nel villaggio di Gorskoia, vicino al fronte, cerchiamo il sindaco, ma il municipio è occupato dai soldati che hanno piazzato i sacchetti di sabbia alle finestre. Negozi chiusi e poca gente per strada Alexander, un ucraino che vive a ridosso della prima linea ci ferma: «Siete giornalisti? Venite a vedere il risultato dei bombardamenti russi sul mio villaggio». Per arrivarci bisogna percorrere una strada dritta in campo aperto obiettivo preferito dell'artiglieria separatista. «Vado avanti io - consiglia l'ucraino -. E voi dietro, ma a tutta velocità senza fermarsi mai per nessun motivo». La corsa pazza in mezzo ai campi ci fa arrivare a un villaggio ancora più povero e disgraziato degli altri e attaccato alla prima linea. Svetlana Nikolajeva apre una porticina in legno e ci fa scendere nelle viscere sotto la sua casa. Dopo i gradini al buio si aprono due pertugi scavati nella terra con tanto di letto improvvisato e stufetta a legna. Su un tavolinetto non mancano tazze di tè e candele. «Siamo stanchi di correre nel rifugio e passarci giorno e notte con i bambini - spiega la donna di mezza età, che non resiste alle lacrime -. Vi prego ditelo voi ai russi, che non ci bombardino più». I razzi Grad hanno sfasciato il tetto di una casa vicina e quella a fianco è stata trasformata in un groviera dalle schegge. Olga, una giovane con lo sguardo triste, si chiede: «Cosa pretende Putin da noi? Ho dei figli e voglio vederli crescere non morire per una bomba». I russi puntano a un edificio messo in piedi con l'aiuto dell'Onu che è diventato la base dei militari ucraini dispiegati su questa porzione di fronte. Il palazzotto in spessa muratura si trova in mezzo alle case. Donne e uomini in mimetica non possono parlare, ma ci vuole poco a capire che nel Donbass hanno schierato le armi migliori compresi i nuovi missili anti aerei Stinger.

Uno lo porta in spalla un militare come se fosse un ombrellone. Timur è l'ufficiale in comando con barbetta e senza baffi: «La scorsa notte abbiamo fermato l'attacco di 15 carri armati russi. È un inferno, ma anche se Kiev cadesse noi continueremo a resistere contro Putin».

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