Il neonazi di Bolzano? Figlio di islamici

Il 15enne arrestato è italiano di seconda generazione ma perfettamente integrato

Immagine d'archivio
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Abbiamo il radicalismo islamico in casa e non riusciamo a vederlo. Succede quando la politica colora le notizie di cronaca a suo uso e consumo. Qualche giorno fa Digos e Antiterrorismo a Bolzano hanno arrestato un italiano di 15 anni, aderente a un gruppo satanista e neonazista. Secondo quanto raccontato dal questore della Provincia autonoma di Bolzano Paolo Sartori il ragazzo - oggi recluso nel carcere minorile di Treviso - era pronto a compiere attentati, a fabbricare bombe grazie ai tutorial trovati in rete, a uccidere qualcuno videoriprendendosi per trasmettere le immagini in un sito internet russo del dark web, soltanto come «garanzia di lealtà», per dimostrare di poter essere considerato «uno di loro». Ma loro chi?

L'identità del ragazzo è blindata ai cronisti, come è giusto che sia. Ma il Giornale è riuscito a sapere che non si tratta del «suprematista bianco xenofobo» di cui straparlava la sinistra ma di un italiano di seconda generazione, nato in Italia e figlio di immigrati (del tutto estranei alle indagini) provenienti da un Paese islamico che sforna clandestini a nastro, un ragazzo perfettamente integrato con il territorio - tanto da parlare correttamente italiano e tedesco - ma pronto al martirio per la causa dell'islam. È uno dei nuovi italiani a cui con lo ius soli vorrebbe dare la cittadinanza in automatico, sulla parola, la stessa sinistra che evoca lo spettro di Anders Breivik, il terrorista norvegese anti islam che a Oslo e Utøya uccise 77 persone nel 2011. Ma il suo «nazismo» altro non è che odio nei confronti degli ebrei, nutrito dopo mesi di indottrinamento social sulla guerra in corso a Gaza.

Sono mesi che gli inquirenti sono sulle sue tracce, lui sapeva di essere nel mirino e voleva scappare all'estero («I have the fed on the door», ho la polizia alla porta», scriveva su una chat) gli avevano già sequestrato due pc, uno smartphone e un'ascia: le indagini sui possibili complici italiani a cui l'Antiterrorismo sta dando la caccia e i suoi collegamenti al gruppo internazionale satanista e neonazista «764» (fondato nel 2020 dall'allora 15enne texano Bradley Cadenhead, ispirato al codice postale della sua città) hanno giustamente prevalso sui dettagli che avrebbero potuto compromettere la segretezza dell'inchiesta, ma la lettura distorta della vicenda che ha dato la sinistra («ricorda i neonazisti di Ludwig») non aiuta a capire i rischi che corriamo.

Il giovane neonazista islamico era di casa sui canali Telegram, gli stessi dove si vendono impunemente armi e droga da pagare in Bitcoin o cryptovalute (di cui il ragazzo era profondo conoscitore) o con semplici ricariche al tabacchino (raccontate dal Giornale già un anno fa), uno in particolare è gestito da un gruppo di estrema destra che stava pianificando un'azione terroristica durante quella che loro definivano la «Settimana del terrore». C'è un collegamento con l'Inghilterra per un attentato scongiurato last minute, ma anche coi recenti attentati di matrice islamista a Monaco in Germania e a Villach in Austria? Bocche cucite.

Sui giornali è passata sotto silenzio la notizia che sul cellulare c'erano anche filmati delle frange più radicali dell'islam, come video sullo Stato islamico, attentati e decapitazioni. Sappiamo che il giovane voleva votarsi al martirio, è noto che avrebbe fatto ricerche online su motori di ricerca con intelligenza artificiale per indagare su cosa si provi durante un suicidio con esplosivi.

Non sorprende, tanta è la capacità dell'islam di trasmettere a dei ragazzi fragili un senso di riscatto attraverso il martirio, funzionale rispetto alla distruzione del modello Occidente di fronte a un Europa che, come dice il vicepresidente Usa JD Vance, ha «un grosso problema con l'immigrazione di criminali».

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