«L'unica conseguenza certa del cellulare è quella di provocare incidenti quando lo si usa in auto. Quando si guida diventa pericolosissimo». Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto Superiore di Sanità, non è convinto della sentenza del tribunale di Ivrea. A suo avviso l'uso del cellulare non provoca il cancro, almeno fino a prova contraria.
Dottore perché non è d'accordo sulla perizia di Ivrea?
«È basata su una delle ricerche tuttora sporadiche che affermano un nesso sull'uso prolungato del cellulare e forme tumorali quali il glioma o il neurinoma del nervo acustico».
E invece?
«Invece la comunità scientifica, con una produzione molto vasta sul pericolo delle onde elettromagnetiche, non ha mai dimostrato un nesso causale tra il cellulare e le patologie».
Dunque se lei avesse fatto il perito avrebbe dato parere negativo?
«Certamente. Del resto, ho fatto il consulente al tribunale di Cremona in un caso in cui il ricorrente sosteneva che il cellulare gli avesse provocato un tumore alla parotide. Ma ha perso perché io non ero d'accordo».
Insomma queste sentenze sono a favore o contro i cellulari a seconda delle teorie a cui aderisce il perito.
«Esattamente. Ma la scienza non ha dimostrato una relazione di causa effetto. Solo alcuni sostengono che ci sia un'associazione statistica tra utilizzo dei cellulari e il rischio delle due forme di tumore».
Cosa intente per associazione?
«Ci sono studi che sostengono che chi ha usato il cellulare ha il 40% in più di probabilità di sviluppare la patologia».
E secondo lei non è così?
«No. Dopo 25 anni diffusione molto ampia dei cellulari, se ci fosse un'eventuale rischio emergerebbe dalle analisi epidemiologiche nella popolazione. Invece, all'aumento dell'uso del telefonino non c'è stata una crescita di casi di glioma o di tumori benigni del nervo acustico».
Lei ha mai preso parte ad uno studio internazionale?
«Sì, il progetto Interphone, durato vari anni e svolto in diversi Paesi, compreso il nostro. Ed è stato dimostrato che dall'introduzione massiccia dei cellulari non c'è stato un aumento della diffusione del glioma nella popolazione. Manca anche la conferma sperimentale del nesso tra radiazioni dei cellulari e cancro: la maggior parte degli studi effettuati in laboratorio su animali ha dato esito negativo. Un gruppo di ricercatori ha dimostrato che nei ratti esposti a campi elettromagnetici raddoppiavano i casi di linfoma, ma nessuno è mai riuscito a replicare questo risultato. Il campo elettromagnetico prodotto dai telefoni cellulari è molto debole e non abbiamo la minima idea del meccanismo con cui potrebbe essere collegato allo sviluppo di un tumore».
E il surriscaldamento del telefono quando si usa troppo non è dannoso?
«Non è rischioso per la salute, dà fastidio ma è limitato al padiglione auricolare. Con una lunga telefonata i circuiti del cellulare si scaldano, così come l'orecchio se ce lo teniamo attaccato, ma è un riscaldamento minimo, che viene immediatamente dissipato».
L'agenzia internazionale per la ricerca del cancro ha definito le radiofrequenze dei telefoni cellulari e di altri dispositivi wireless «possibilmente» cancerogene. Lei pensa che pensa possa cambiare idea?
«Ritengo molto improbabile che lo Iarc riveda il livello di pericolosità delle onde elettromagnetiche classificandole come probabili cancerogeni, perché negli ultimi anni sono usciti moltissimi studi i cui risultati vanno nella direzione contraria, ovvero della non pericolosità».
Ma sarà così anche per le
nuove generazioni che usano i cellulari già a tre anni?«Non ci sono evidenze di una maggiore suscettibilità per i bambini ma ci dev'essere comunque cautela visto che per loro l'esposizione dura per tutta la vita».
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