Vincere in maglia gialla nel centenario di Bartali, Nibali s'inventa anche questo. Ma non è una sorpresa: se ha un pregio, che anzi qualche volta l'ha portato a sbagliare, è la voglia continua d'inventarsi divertimento, per sé e per i tifosi. Nibali non comanda il Tour con il braccino: Vincenzo s'ingegna, si concede, si spende. Tutto questo anche se non ha rivali, anche se ormai - a casa Froome e Contador, comunque battuti prima che se ne andassero - è un gigante tra i nani. Certo le prefiche superstiziose continuano a dire che non si può cantare vittoria, che da qui a Parigi tutto può succedere, che non si può mai dire. E come no: c'è bisogno dei supertecnici per sapere che nella vita tutto può succedere, che a Nibali può cadere un vaso di gerani in testa uscendo dall'ameno alberghetto alpino. Ma se usciamo dal paranormale e ci fermiamo ai ragionamenti logici, la verità è una sola: in Francia sta correndo un campione autentico e al confronto tutti gli altri sono nessuno. Una volta tanto, dopo tanti e tanti anni, questo campione è italiano. È l'ultimo che ci rimane, ma grazie al cielo è italiano vero. Figlio del Sud, maturato al Nord, ora affermato personaggio internazionale. Tutto il mondo ce lo invidia, nonostante sia deficitario sul piano delle crestine bionde e dei tatuaggi ascellari, delle strappone al seguito e delle notti brave. Un segnale consolante pure questo: Nibali dimostra che stare in famiglia, andare a letto presto la sera, amare il proprio lavoro, inseguire grandi sogni è comunque uno stile di successo. Un altro modo di uscire dal branco. Non necessariamente obsoleto e fuori tempo massimo.
Piuttosto, io mi chiedo che cosa Nibali debba ancora inventarsi, più di vincere tre tappe e dominare in giallo, per meritarsi un poco di attenzione nella sua terra. Sveglia, Italia. Siamo il Paese che si butta nelle fontane per un turno eliminatorio dei Mondiali, e questo ci può stare, siamo il Paese che si eccita per un ottavo posto della Ferrari, e passi pure questo, ma siamo anche il Paese che diventa tutto velista quando si scopre di luna buona e di Luna Rossa, che inneggia alla febbre del Flaminio per le sconfitte fantozziane del rugby, che si mette genuflesso e incantato davanti alle liturgie snob del Foro Italico e di Piazza di Siena.
Per il ciclismo, che resta pur sempre lo sport più pop assieme al calcio, è invece scattato l'ordine conformista dell'indifferenza. Non va più seguito, quello sport di drogati. Continuiamo a seguire gli sport degli scommettitori. Basta, fine delle trasmissioni. Così, mentre un campione italiano (finora l'unico chimicamente intonso, per inciso) sta ricamando un'impresa monumentale, tra l'altro nell'era sportiva segnata da umiliazioni in tutte le discipline, la sua terra è voltata dall'altra parte. I Tg conformisti, che si mettono docilmente in coda al Flaminio e a Piazza di Siena, non dedicano mai venti secondi per aggiornare il risultato di giornata. Forse si accorgono solo ora dell'esistenza di un tale Nibali.
Si difende con grande dignità la carta stampata, che sarà superata e moritura, ma comunque ancora sa distinguere tra gli avvenimenti del mondo. Tutto attorno, il freddo. Grazie alla disinformazione del minculpop, la gente neppure lo sa. È molto brutto e molto ingiusto. Nibali si merita di meglio. Certo, l'Italia non si merita Nibali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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