«Abbiamo chiesto ai relatori di ritirare» l'emendamento che riconosce i rimborsi spese ai ministri non parlamentari equiparandoli a quelli eletti. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha annunciato ieri che per «evitare inutili polemiche» i componenti non parlamentari rinunciano alla maggiorazione del trattamento. «Quello che non sarebbe comprensibile per nessun'altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto», ha aggiunto ma, ha concluso, «è assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche»
Anche se la commissione Bilancio ha cominciato a votare gli emendamenti alla manovra con una seduta che si è protratta fino a notte, lo scontro frontale non conosce pause. L'opposizione ha scelto scientemente di minare il terreno, di fatto preannunciando il Vietnam all'approdo in Aula atteso per domani. «Mi sembra di buonsenso e incide in maniera assolutamente irrilevante sul bilancio (un milione circa; ndr)», ha spiegato il sottosegretario all'Economia, Lucia Albano, aggiungendo che «bisogna attrarre i profili migliori». Pd e M5s hanno presentato emendamenti provocatori per rilanciare il dibattito. Il primo ha proposto uno stanziamento di 5,5 miliardi aggiuntivi per la sanità, mentre i pentastellati hanno suggerito un salario minimo di 9 euro l'ora per i ministri non parlamentari. Entrambe le proposte sono state bocciate, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani ha replicato con fermezza. «La sinistra ha presentato emendamenti per fare la sua solita demagogia», ha detto sottolineando che «stanno cercando di rallentare i lavori, ma non è una sorpresa».
Un chiaro riferimento alle barricate in conferenza dei capigruppo alla Camera. La riunione poteva chiudersi con un impasse, ma la mediazione del presidente Lorenzo Fontana ha parzialmente sbloccato la vicenda. In pratica, la manovra andrà domani in Aula e il governo porrà la questione di fiducia di modo che possa essere approvata entro venerdì e al senato la settimana successiva. Ma le opposizioni hanno impedito la definizione di un cronoprogramma chiaro, sollevando eccezioni e cavilli.
L'altra polemica di giornata ha riguardato il divieto di ricevere compensi da Paesi extra-Ue per parlamentari e componenti dell'esecutivo. Una norma che ha mandato in bestia l'ex premier e leader di Iv, Matteo Renzi. «Provo imbarazzo per chi usa il potere della maggioranza per fare leggi contro gli avversari: è un atteggiamento da Repubblica delle Banane», ha dichiarato. Peccato che due anni fa Renzi si sia dimesso da componente del cda di Delimobil, società russa di car sharing e principale operatore di mercato. Tra conferenze in Arabia Saudita e retribuzioni in Russia, l'ex segretario Pd ha volto troppo spesso il proprio interesse verso contesti geopolitici estranei quando non ostili a quelli dell'Europa e dell'Italia. Una discrepanza, incluso l'eccesso di demagogia sulla questione ministri, che il premier Giorgia Meloni potrebbe sottolineare oggi nelle comunicazioni sul Consiglio europeo.
Tra gli emendamenti approvati ieri da segnalare l'incremento del fondo per il reddito di libertà per donne vittime di violenza (+1 milione annuo dal 2025). Altre proposte, tutte a firma Noi Moderati, si inseriscono in questo filone sociale: un milione di euro annui (dal 2025 al 2027) per protesi sportive destinate a persone con disabilità, incremento di dotazioni per i policlinici universitari e 500mila euro per gli oratori delle chiese. I relatori hanno proposto un aumento di 1.610 posti per insegnanti di sostegno a partire dal 2025-2026.
Nuova manifestazione di sostegno di Cgil, Cisl e UIl alla proposta di maggioranza di proroga quarantennale delle concessioni di distribuzione elettrica, mentre il personale Rai non sarà compreso nella spending, limitata alle consulenze.
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