Rapidità e credibilità. Invece la nostra giustizia è ammaccata da lentezze e scandali. Carlo Nordio vede tre emergenze: «I processi sono lenti e le garanzie non sono sufficienti, specie dopo la vergognosa riforma della prescrizione. Inoltre, il Csm, come dimostra il sistema Palamara, è bloccato dalle logiche distorte della lottizzazione».
Cominciamo proprio dal Consiglio superiore della magistratura. E dalle intercettazioni sul telefonino di Luca Palamara. È sorpreso da quello che è stato scoperchiato?
«Per niente. Che ci fosse questa pratica lo sapevamo tutti».
Ma si poteva pensare che questo network fosse così esteso?
«Certo. Aggiungo che Palamara è diventato il perfetto capro espiatorio. Via lui perché tutto rimanga come prima».
Non la convince il repulisti fin qui compiuto?
«È strano che si siano intercettati politici, come Lotti e Ferri, tutelati dalla legge e invece non si sia saputo nulla di altri interlocutori dell'ex Presidente dell'Anm. Curioso, il trojan inserito nel suo cellulare funzionava a intermittenza. Si accendeva e poi si spegneva».
Che cosa si aspetta?
«Mi colpisce non quello che è uscito, ma quello che ancora non sappiamo. Vorrei conoscere tutti i nomi dei magistrati che parlavano con Palamara. Non solo questo o quel nome».
Lui è stato radiato dalla magistratura.
«Con un procedimento lampo, senza dargli la possibilità di ascoltare i testi che avrebbero probabilmente illuminato quelle relazioni opache».
Come si riforma il Csm?
«Il governo ha messo in cantiere una riforma articolata e seria, ma non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo».
Che cosa manca?
«Ci vuole il coraggio di introdurre il sorteggio per l'elezione dei membri di Palazzo dei Marescialli. Altrimenti non si riesce a spezzare il potere perverso delle correnti e la loro capacità di orientare le scelte degli elettori».
Ai cittadini però interessano di più i tempi interminabili delle cause. Come si riduce il debito giudiziario del Paese?
«I ritardi della giustizia civile, purtroppo fuori dai riflettori dell'opinione pubblica, costano due punti di pil. Rallentano gli investimenti e tengono alla larga le multinazionali che chiedono certezze».
Non è che il settore penale vada molto meglio.
«No, anzi l'affanno si sovrappone alla farraginosità e alla tortuosità dei procedimenti».
Come se ne esce?
«Il governo ha dilatato i tempi della prescrizione. Una vergogna, ancora di più perché l'esecutivo aveva assicurato una rilettura in parallelo del processo penale, ma dopo più di un anno non è cambiato nulla. E un imputato può rimanere invischiato nel limbo dell'appello o della cassazione anche per tutta la vita. Si comprimono i diritti, senza recuperare efficienza».
Che soluzione propone?
«Dobbiamo imparare dai migliori».
Dunque?
«Nel civile dai tedeschi che però hanno un numero maggiore di giudici».
Dovremmo potenziare le risorse del settore?
«Diciamo che abbiamo una procedura civile ancora troppo bizantina. E poi aggiungiamo che lo Stato non è capace di fare bene il suo mestiere: basti dire che si perdono cifre ingenti sul capitolo delle spese di giustizia. Si recupera troppo poco».
Passiamo al penale. Chi dobbiamo copiare?
«C'è il vecchio modello del codice inquisitorio: si potrebbe riprendere quello. Oppure, si dovrebbe sterzare verso il codice accusatorio, alla Perry Mason».
Scusi, ma non è già stato introdotto con il codice Vassalli-Pisapia dell'89?
«Sì, ma quel sistema funziona se lo si adotta fino in fondo. Invece, l'originale da noi è andato perduto in un confuso miscuglio in cui c'è tutto e il contrario di tutto. Se ci ispiriamo al mondo anglosassone, non solo per i telefilm, dobbiamo essere coerenti».
Tradotto in concreto?
«Potenziamento dei riti speciali. Discrezionalità dell'azione penale. Separazione delle carriere».
Auguri.
«Appunto. Noi imitiamo il peggio dagli altri e mettiamo insieme le mele con le pere, invocando presunti dogmi che altrove non esistono».
Quello che lei predica va incontro a molte obiezioni e tocca tabù che nessuno vuole mettere in discussione.
«Io non credo alle soluzioni pasticciate che vedo all'orizzonte. In ogni caso, una questione è fondata: andrebbe salvaguardata l'indipendenza del Pm».
Come fare, se ci sintonizziamo sugli Usa?
«C'è la variante inglese: il Pm non è sotto l'esecutivo. Però non possiamo continuare ad avere Pm indipendenti ma senza responsabilità. In ogni caso, per iniziare mi accontenterei di molto meno».
Un piccolo sogno?
«Dare dignità ai giudici onorari che tengono in piedi la giustizia civile e in parte pure quella penale. Oggi sono pagati a cottimo e non hanno neppure un trattamento previdenziale. Una sciatteria davvero inaccettabile».
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