Non basta il ko alle urne. L'opposizione al tappeto si ributta sul fascismo

In cerca di vecchie foto e polemiche del passato per mettere sotto accusa il centrodestra

Non basta il ko alle urne. L'opposizione al tappeto si ributta sul fascismo

Il grande ritorno del Fascismo purtroppo per loro non c'è. Ma il radar dell'ideologia anti è sempre acceso e capta quel che può: citazioni del Ventennio, frasi del Duce, persino penosi e grotteschi travestimenti in stile nazi. L'opposizione non si arrende all'evidenza e invece di inchiodare la maggioranza ai suoi limiti, prova a trasformare in indignazione i frammenti del passato che qua e là affiorano in modo teatrale e persino caricaturale.

Diventa uno scandalo l'adunata dei nostalgici a Predappio, un rito che si ripete stancamente di anno in anno, ora arricchito di nuove polemiche: perché il governo si mobilita contro il rave di Modena e tollera l'happening andato in scena in Romagna? In verità gli stessi organizzatori invitavano i manifestanti a mettere la mano sul cuore e a non distenderla nel saluto romano. Fiato sprecato, perché quelli, infiammati, magari indossando la maglietta col motto «me ne frego», allungavano il braccio col rischio poi di beccarsi un procedimento per apologia del Fascismo.

Dovrebbe essere più che sufficiente l'intervento delle procure, dovrebbe bastare la presa di distanza di Giorgia Meloni che vuole costruire non un partito neofascista, ma conservatore che è altra cosa, come riconosce con lucidità Luciano Violante. Ma in mancanza di meglio tutto può servire per fare fumo. Galeazzo Bignami, avvocato bolognese, diventa viceministro alle Infrastrutture e subito risalta fuori per l'ennesima volta la vecchia foto di lui vestito da nazista con tanto di svastica sul braccio. Pare che la performance sia nata nel corso di un addio al celibato, di sicuro Bignami si è già scusato tante volte ma si riparte sempre dall'inizio. Dal presunto peccato originale. E torna questa immagine che fa tanto Blues Brothers e nazisti dell'Illinois.

Tra le facce dei sottosegretari spunta quello di Claudio Durigon e subito la presunta controinformazione ci fa sapere, come non lo sapessimo già, che voleva intitolare un parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce morto negli anni Trenta. Gratta gratta, pare essere il retropensiero, scoprirai che i compagni di viaggio di Giorgia Meloni sono ancora immersi nel clima della dittatura, sì magari si occupano delle bollette o dell'inflazione ma intanto collezionano i busti del Duce, come fa il presidente del Senato Ignazio La Russa, o altre anticaglie.

Come se la maldestra e a tratti adolescenziale frequentazione del Ventennio fosse il termometro della capacità politica dell'esecutivo. Andrea Delmastro si siede sulla poltrona di sottosegretario alla Giustizia ed ecco, come ricorda Dagospia che ha catalogato tutti questi accostamenti imbarazzanti, gli mettono in conto un'uscita del 2010: una frase da lui sbandierata di Leon Degrelle, figura storica dell'estrema destra belga, un mito per i cultori del Reich e delle Ss. Lo stesso meccanismo scatta contro Edmondo Cirielli, fresco viceministro degli Esteri che invece aveva pescato a suo tempo, nel 2016 - quando nota maliziosamente Dagospia aveva già la veneranda età di 52 anni - una massima di Mussolini: «Il tradito potrà anche essere un ingenuo ma il traditore rimarrà sempre un infame».

È a quel pensiero che provano se non a impiccarlo almeno a metterlo in crisi. Certo, l'album in camicia nera della classe dirigente suscita sarcasmo e sorrisetti di stupore. Ci può pure stare, per punzecchiare, ma non può diventare la linea Maginot dell'opposizione.

La sinistra dovrebbe marciare su Roma sfoderando contenuti e critiche più che giocando ad acchiappare coriandoli di cronaca degli anni Trenta. Altrimenti sarà lei a relegarsi nei cinegiornali di un mondo che non c'è più.

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