Nucleare, lo strano risiko che ha premiato Pd e M5s

Due nomine in Sogin decise dopo il commissariamento "Brutto segnale". E la Slovacchia non vuole le nostre scorie

Nucleare, lo strano risiko che ha premiato Pd e M5s

Comincia con il piede sbagliato la nuova vita di Sogin, la società istituita nel 1999 per smaltire i rifiuti nucleari italiani grazie ai miliardi presi dalle bollette (alla voce Oneri di gestione). Il 19 luglio, poche ore dopo la firma del decreto con cui il governo ha nominato la prefetto Fiamma Spena commissario, Giuseppe Maresca e Angela Bracco vice commissari, affidando loro «ogni potere di gestione e di amministrazione della società, ordinario e straordinario, inclusi i poteri di riorganizzazione, nonché la più ampia capacità di agire in nome e per conto della società, anche in qualità di parte di atti e rapporti giuridici», Sogin ha deciso un mini risiko di poltrone. Che stranamente coinvolge due manager legati a Pd e M5s, finiti nel mirino della Procura di Roma che indaga assieme alla Guardia di Finanza sulla proroga di un affidamento senza gara a una società slovacca, la Javys, e sul misterioso licenziamento di alcuni manager che si erano opposti.

Il presidente del collegio sindacale Salvatore Lentini (organismo tecnicamente decaduto) ha assegnato al direttore della sezione Acquisti e Appalti Luigi Cerciello Renna, ex Gdf originario di Pomigliano D'Arco e considerato vicino al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l'interim di Direttore legale e societario in assenza di requisiti (non è un avvocato). Proprio Cerciello Renna era stato torchiato dai pm per tre ore nei giorni scorsi perché era lui il responsabile della task force interna che ha deciso di licenziare l'ex amministratore delegato della controllata Nucleco, Luca Cittadini, contrario al rinnovo dell'affidamento alla società slovacca Javys di alcune commesse milionarie per il trattamento dei fanghi dell'ex centrale di Caorso, destinata a diventare un museo grazie a un investimento dal 800 milioni deciso dal Pnrr che ha fatto storcere la bocca ai nostri migliori ingegneri nucleari. Peraltro, nei mesi scorsi il governo di Bratislava ha deciso di non voler più gestire i rifiuti nucleare di altri Paesi, e questo sarà un problema per Sogin.

Anche l'ex ad Emanuele Fontani, finito sulla graticola dell'Espresso perché durante il lockdown era in ufficio a Roma ma figurava in trasferta e così ha guadagnato un extra bonus in più grazie a una tassazione favorevole, ha avuto l'incarico di operation manager degli ex impianti di Caorso e Casaccia. «Le nomine sono carta straccia ma è un brutto segnale, quello arrivato ai commissari...», commenta una fonte interna a Sogin.

C'è spazio per riaprire il dibattito sul nucleare italiano per decarbonizzare l'energia, dopo la scelta dell'Europa di dichiararla fonte green, come recentemente ha chiesto la Lega con il senatore Paolo Arrigoni primo firmatario? La parola passa ai commissari: c'è da capire come raggiungere gli obiettivi di smantellamento degli impianti, il decommissioning dei rifiuti radioattivi (con l'aiuto del Noe) e soprattutto come e dove realizzare il Deposito nazionale. Era previsto nel 2019, arriverà (se va bene) entro il 2030 e costerà 900 milioni di euro, che si aggiungono agli 8 miliardi già spesi quasi a vuoto. Torino, Alessandria, la zona di Viterbo e la Sardegna sono in pole position tra le aree potenzialmente idonee a ospitare i circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi (di cui 17mila a media e alta intensità) tra scarti della filiera atomica e scorie farmaco-industriali.

A decidere sarà il prossimo ministro della Transizione ecologica, nel dicembre del 2023, dovrebbe garantire la sicurezza per 300 anni. «Ma intanto bisogna favorire il dibattito sull'atomo e sostenere la ricerca tecnologica sui reattori a fissione nucleare di ultima generazione», dice al Giornale Arrigoni.

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