Nuova sfida catalana a Madrid. E arrivano le minacce a Tajani

Dopo essere stato «liberato» dall'Europa, Junqueras torna a chiedere «referendum e indipendenza»

Nuova sfida catalana a Madrid. E arrivano le minacce a Tajani

Madrid - Nelle stanze del potere della capitale spagnola queste sono ore decisive, quasi drammatiche, per convincere la Sinistra Repubblicana Catalana e indipendentista (Erc) ad appoggiare i Socialisti e Podemos per formare un nuovo, tanto anelato, governo e chiudere con quattro anni di crisi politica. Forse, dopo il 5 gennaio, ci sarà l'investitura a premier di Pedro Sánchez, vincitore delle elezioni di novembre. E se riuscirà a convincere i catalani ad astenersi dal votarlo al Congresso, avrà i numeri per governare. I presupposti sembrano andare in quella direzione, anche se un imminente ritorno alla politica attiva di Oriol Junqueras potrebbe rimescolare le carte a Madrid come a Barcellona.

L'ex vicepresidente della Catalogna, ex numero uno di Erc, non ha mai smesso di fare politica, nemmeno da dietro le sbarre. Dalla fine del 2017 riceve in carcere deputati e collaboratori, rilascia interviste come fosse un cittadino libero. Non segue gli orari del carcere. Legge, studia e lavora di notte e recupera il sonno, concedendosi lunghe siestas pomeridiane, mentre gli altri carcerati si occupano della cucina e lavanderia del penitenziario. È persino riuscito a farsi trasferire da Madrid alla sua amata Catalogna dopo nemmeno un mese di prigionia. E gli è stato anche permesso di candidarsi alle europee e ottenere un seggio. Certo, 13 anni, non sono pochi da scontare, e Junqueras non ha mai cercato il silenzio. È da sempre presente sui media con una battuta, un commento, persino una minaccia velata. Più mediatico di Carles Puigdemont (fresco di condanna per disobbedienza, dovrà per 18 mesi rinunciare ala politica), ora che ha anche dalla sua parte una sentenza della Corte Europea di Giustizia che lo vuole libero, poiché è un eurodeputato eletto che gode dell'immunità, Junqueras ha alzato ancor di più la voce, come se sentisse già aprirsi le porte del carcere.

Sabato pomeriggio, la voce di Junqueras, registrata in carcere, è riecheggiata forte e chiara al XXVIII Congresso Nazionale di Erc a Barcellona. Ha parlato dell'indipendenza della Catalogna, affermando che è «irreversibile» com'è «inevitabile un nuovo referendum (sulla secessione dalla Spagna, ndr)». L'ex vice catalano ha mostrato la sicurezza di avere i numeri «per una grande maggioranza favorevole a costituire la Repubblica Indipendente di Catalogna». Junqueras, in un momento delicato di trattative a Madrid, ha confermato la volontà di procedere verso la «despagnolizzazione» della Catalogna in modo unilaterale, senza il parere di Madrid né della Corta Costituzionale, pronto a seguire nuovamente la strada che lo ha portato a una condanna a tredici anni per disobbedienza, ribellione e malversazione di denaro pubblico, come se avesse già in tasca la vittoria e il 2020 fosse l'anno che da tanto attendeva, dopo l'umiliazione delle manette, del carcere, delle condanne per avere rubato soldi pubblici.

Intanto Antonio Tajani, finito nel mirino degli indipendentisti per aver negato a maggio a Puigdemont condannato di entrare nell'aula del parlamento europeo: «Gli insulti e le minacce dei catalani non mi mettono paura. Ho sempre difeso il diritto e continuerò a farlo a testa alta».

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