Obama cede all'Isis: ora si può pagare il riscatto per i rapiti

Il presidente annuncia oggi che le famiglie non saranno perseguite penalmente «Ma dal governo nessuna concessione»

Barack Obama annuncerà oggi che i parenti degli ostaggi americani sequestrati nel mondo non saranno più minacciati di perseguimento penale se decidono di pagare un riscatto ai rapitori dei loro cari. Dopo sei mesi di lavori, il presidente degli Stati Uniti presenterà una revisione della lunga politica del suo paese in materia di sequestri. Per decenni, e in contrasto con la linea non ufficiale di molte nazioni europee, l'America ha sempre dichiarato d'essere contraria a ogni tipo di concessione e al pagamento di un riscatto: fornire soldi ai sequestratori, è la politica di Washington, rafforza gruppi terroristici e aumenta i pericoli per i cittadini americani. La revisione, hanno fatto sapere alla rivista Foreign Policy funzionari anonimi dell'Amministrazione, insisterà su questi punti: il governo continuerà a non pagare i riscatti e manterrà fermezza sulla necessità di non fare concessioni ai gruppi terroristici, andando però incontro alle famiglie degli ostaggi che negli ultimi mesi, con il crescere di rapimenti per mano dello Stato islamico e di tragiche morti, hanno rafforzato le polemiche contro il governo. Dal 2009 al 2014, 25 americani sono stati rapiti da movimenti terroristici. I parenti di ostaggi e vittime accusano l'Amministrazione di inviare segnali contrastanti, di non facilitare le richieste delle famiglie per via della burocrazia e della mancanza di un unico referente governativo incaricato di gestire il dossier rapimenti. Controversie e polemiche si sono ingigantite con il caso del soldato Bowe Bergdahl, rapito in Afghanistan e rilasciato nel 2014 dopo un inedito scambio di prigionieri: cinque talebani furono liberati da Guantanamo. Le famiglie di altri ostaggi lamentarono l'esistenza di un doppio standard e la caduta del principio caro a questa e altre amministrazioni del «no concessioni».

Per quanto riguarda i segnali contrastanti, il New York Times riporta il caso di Nancy Curtis, madre di Theo Padnos, per due anni nelle mani di Al Qaida prima della sua liberazione l'estate scorsa. Se da una parte il Dipartimento di Stato aveva minacciato un'azione legale in caso di tentato pagamento di un riscatto, agenti dell'Fbi si erano invece resi disponibili ad aiutarla. Lo stesso tipo di sostegno, ha riportato in passato il Wall Street Journal , era stato offerto ai familiari di Warren Weinstein, prigioniero di Al Qaida in Pakistan e ucciso a gennaio 2015 da un drone americano assieme all'italiano Giovanni Lo Porto. Alle famiglie dei rapiti in Siria questo appoggio è stato negato. Per venire incontro ai parenti, gestire il numero sempre più alto di sequestri, a dicembre Obama ha chiesto la revisione gestita dal National Counterterrorism Center. Delle 82 famiglie di ostaggi cui è stato chiesto di collaborare, soltanto 24 hanno risposto. I funzionari dell'Amministrazione hanno lavorato tra gli altri con i familiari di James Foley e Steven Sotloff, due giornalisti decapitati dallo Stato islamico.

Il risultato è una fusion cell , un'unità che avrà sede all'Fbi ma cui collaboreranno Dipartimenti di Stato e Giustizia, Pentagono, l' intelligence e che avrà un referente unico con cui le famiglie degli ostaggi potranno comunicare direttamente.

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