Solidarietà, condivisione del dolore e voglia di rialzare la testa. Oltre 500 persone ieri sera a Genova si sono riunite in piazza De Ferrari dopo la tragedia di ponte Morandi per la manifestazione «Ponte 16100», dal nome del codice di avviamento postale della città, organizzata sui social per chiamare a raccolta i genovesi in un'iniziativa collettiva di elaborazione del lutto. L'idea è stata lanciata da due genovesi, Chiara Costa e Cristina Pasino, «per manifestare la nostra rabbia e il nostro dolore in modo pacifico. Semplicemente perché abbiamo un groppo in gola, un vuoto incolmabile da quel 14 agosto, e pensiamo che unirci possa farci sentire meno impotenti, meno soli».
Ma non è l'unica tra le iniziative della città nella prima domenica dopo il disastro, mentre si cerca di tornare alla normalità ma il ricordo è ancora troppo vicino. A pochi chilometri dal centro città, nel quartiere di Certosa che è quello ferito dal disastro, scout e volontari dei comitati di zona hanno organizzato la messa delle 18 in strada, in via Fillak, proprio vicino alle transenne che delimitano l'area interessata dal crollo. Alla funzione hanno preso parte circa un'80ina di residenti. «Le persone non sono numeri - ha detto don Gian Andrea Grosso, parroco della chiesa di San Bartolomeo della Certosa, durante l'omelia di fronte agli abitanti e agli sfollati che hanno partecipato alla funzione - sono persone che hanno bisogno di affetto, comprensione e della certezza che la casa sarà loro data. Hanno diritto ad averla. Perché non è crollata per qualcosa di atmosferico. Qui ci sono responsabilità sicuramente e qualcosa va fatto».
«Questo ponte - ha sottolineato - che è caduto si è spezzato, ha spezzato la vita di molte persone perché ci sono morti, feriti e persone fuori di casa. Questo dobbiamo considerare in questo momento. Cosa fare? Tutto quello che ci è possibile, noi nel nostro piccolo e chi di dovere al proprio posto». «Preghiamo per chi è morto - ha poi concluso - per i loro familiari, per i feriti che possano ritornare alla vita normale, e per voi che siete fuori casa, perché abbiate presto una casa».
I ragazzi dell'Agesci e dei gruppi scout della Val Polcevera e di Genova che si sono tirati su le maniche per dare una mano fin dai primi momenti dell'emergenza. Prima, coordinati dal municipio, hanno portato caffè e generi di conforto ai soccorritori e ai vigili del fuoco al lavoro. Poi sono diventati referenti della cucina Anpas.
Tutto il quartiere ha partecipato, chi fornendo cibo, chi supporto logistico, chi mettendo a disposizione perfino il frigo di casa o il freezer del negozio per tenere al fresco le bibite. Ieri gli scout hanno organizzato anche una pulizia del quartiere.
Intanto da oggi si comincerà con la distribuzione degli alloggi disponibili per le famiglie genovesi di via Porro e via Fillak sfollate dopo il disastro. Il comune è al lavoro per trovare soluzioni abitative di lungo periodo da offrire a chi si è trovato fuori dalla propria abitazione dopo il crollo e non ha potuto farvi rientro per problemi di agibilità.
Quelli che verranno consegnati oggi pomeriggio sono i primi due alloggi dei 45 selezionati da Comune e Regione con la priorità di offrire una casa a famiglie con disabili e bambini
tra 3 e 14 anni.I dettagli sono in corso di definizione e gli enti, dopo l'ok dei tecnici, si occuperanno gratuitamente anche del trasloco del mobilio e degli effetti personali dalle case inagibili sotto il ponte crollato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.