Il primo round del caso Open Arms si conclude a favore di Matteo Salvini, con la Giunta per le autorizzazioni del Senato che nega la richiesta di autorizzazione al processo per il sequestro della nave carica di profughi raccolti in mare. Tra qualche settimana dovrà pronunciarsi l'aula di Palazzo Madama, e l'esito è ancora molto incerto.
Ieri sono stati tredici i voti favorevoli alla relazione del presidente Maurizio Gasparri, centrodestra più due grillini «ribelli», sette quelli contrari (Pd, Cinque Stelle e Leu) e tre i senatori (renziani) che non hanno partecipato al voto. La decisione di Italia viva, che chiama in causa le responsabilità dell'intero governo di allora (mettendo nel mirino lo stesso premier Conte) è stato il colpo di scena che ha animato la mattinata e squassato la maggioranza, con i Dem che accusano Renzi di flirtare col centrodestra per tenere sotto pressione l'esecutivo, e con i grillini che tacciono imbarazzati, visto che in passato il compito di salvare il capo leghista per far sopravvivere il governo (sempre di Conte, ma il primo) era toccato a loro.
E ad alimentare la tensione tra renziani e maggioranza arriva anche la notizia dell'elezione, da parte del Consiglio regionale lombardo, della rappresentante di Italia viva Patrizia Baffi a presidente della commissione d'inchiesta sulla gestione regionale dell'epidemia Covid. Un posto che spettava alla minoranza, e per la quale il Pd aveva avanzato una propria candidatura, affossata però dall'intesa della maggioranza di centrodestra che sostiene Attilio Fontana sul nome della Baffi. Dal fronte Pd-Cinque Stelle parte una raffica di accuse ai renziani: «Si sono venduti. Hanno un asse con Salvini. Vogliono far saltare Conte. Puntano ad un governo Giorgetti con una nuova maggioranza», tambureggiano le accuse. Da Italia viva, invece, parlano di una vicenda tutta regionale, senza alcuna regia renziana «Non ne sapevamo nulla, abbiamo chiesto a Patrizia di fare un passo indietro», spiega Ettore Rosato. Lei però non pare intenzionata. E la vicenda rende ancora più aspro lo scontro romano sul caso Open Arms.
Come sarebbe finita in Giunta era in verità chiaro dalla sera prima: i no al processo contro Matteo Salvini per il blocco della nave di Open Arms erano destinati comunque a prevalere, grazie ai «dissidenti» Cinque Stelle, Giarrusso e Riccardi, che rivendicano la propria «coerenza» con quanto il loro partito aveva scelto di fare quando salvò compatto l'allora ministro degli Interni sul caso Diciotti. Allora il governo Lega-grillini era ancora in piedi, e esecutivo e maggioranza fecero carte false per preservare Salvini dall'inchiesta del magistrati: il premier Conte e i ministri pentastellati si autodenunciarono come corresponsabili delle scelte del Viminale, e venne addirittura organizzata la messinscena di una «votazione» su Rousseau per legittimare il voto anti-magistrati del partito casaleggiano.
Ieri invece a fare rumore è stata la decisione dei renziani di tirarsi fuori dal fronte di maggioranza, con un'accusa esplicita di corresponsabilità al premier: «Dal complesso della documentazione - spiega Francesco Bonifazi - pare che le determinazioni assunte da Salvini abbiano sempre incontrato, direttamente o indirettamente, l'avallo governativo». Sul voto futuro di Iv resta sibillino: «Ci peseremo in aula», dice. «In quella vicenda insieme a Salvini c'erano Conte, Di Maio, Bonafede e tutto il governo Conte 1», incalza Michele Anzaldi. I renziani ricordano che a Salvini avrebbe fatto molto comodo il ruolo di «martire» per la sua propaganda politica: «Glielo abbiamo sottratto».
Dal Pd li tacciano di incoerenza, ricordando che sul caso Gregoretti Renzi disse che non spettava ai parlamentari decidere se Salvini avesse commesso un reato con lo «schifoso» blocco della nave: «Dobbiamo decidere se debba andare a processo, e io voterei sì». Come infatti Iv fece.
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