Sfiorito il Giglio magico fiorentino, muore anche tutto ciò che gli sta intorno. Prima tra tutte la Fondazione Open nata nel 2012 con il nome di «Big bang», apposta per fungere da banca di Matteo Renzi, per sostenere le sue iniziative politiche, per raccogliere soldi per le sue Leopolde e che aveva come consiglieri di amministrazione i fidati Maria Elena Boschi (che ricopriva anche l'incarico di segretario generale), Luca Lotti e Marco Carrai. A capo di questo istituto di credito del renzismo era stato messo l'allora avvocato di Renzi, Alberto Bianchi, una delle eminenze grigie di tutta la galassia renziana, già noto alla magistratura per il caso Consip.
Quando però Renzi è finito con la faccia nella polvere, ovviamente anche il suo ruolo è andato scemando, e quando i santi in paradiso cominciano a vacillare, arrivano i problemi. Cinque giorni fa si è saputo che Bianchi è stato indagato dalla procura di Firenze per traffico di influenze illecite. Nel mirino dei pm i soldi di una consulenza pagati dalla società del gruppo abruzzese Toto all'avvocato renziano, e da quest'ultimo versati nei conti della Fondazione Open. Per gli investigatori quella non era altro che una manovra della holding abruzzese, che voleva un intervento favorevole con i politici per sbloccare i problemi del gruppo nel settore delle concessioni autostradali. Secondo l'avvocato Nino D'Avirro, che difende Bianchi, i soldi ricevuti dai Toto sarebbero legati a una «legittima prestazione professionale».
Lo studio legale Alberto Bianchi e associati, descritto nel sito come una «boutique professionale», avrebbe curato un contenzioso da 75 milioni di euro. Lo studio è stato perquisito nei giorni scorsi dalla Finanza che ha portato via i bilanci e l'elenco dei finanziatori della Open, nelle stesse ore in cui Renzi annunciava l'addio al Pd.
La vicenda era legata a una questione di concessioni tra il gruppo Toto e Autostrade per l'Italia davanti alla giustizia amministrativa. Alla fine lo studio ha emesso una parcella da più di 2 milioni di euro lordi. A Bianchi ne sono andati settecentomila netti che ha versato nelle casse della Fondazione Open di cui era rappresentante legale, perché, a suo dire, la fondazione era in perdita e non sarebbe riuscita a chiudere i bilanci. Poi Bianchi ha ottenuto la restituzione di parte di quei 700mila euro dopo la chiusura della fondazione nell'ottobre 2018. «Una notula da un milione di euro è merce rara per non dire rarissima commenta un avvocato fiorentino -. L'opinione tra colleghi è che se non hai santi in paradiso...». E Bianchi di santi ne aveva tantissimi. L'ipotesi della procura di Firenze è che abbia mascherato con una consulenza legale la sua attività di «agevolatore» dei rapporti istituzionali della società. Guarda caso nello stesso periodo la famiglia Toto ottiene dall'allora governo Gentiloni la sanatoria di un debito da 121 milioni con Anas.
Il think tank renziano, nato poco prima della partecipazione per la prima volta di Renzi alle primarie nazionali del Pd per la carica di segretario del partito, in appena 6 anni ha raccolto 6,7 milioni di euro. Era il «forziere» creato per accogliere le donazioni dei privati che hanno sostenuto la scalata di Renzi che ovviamente lo protegge: «Ha grande stima di Alberto, prima di fare polemiche inutili aspettiamo la Cassazione», ha detto in tv.
I nomi di alcuni finanziatori sono stati pubblicati sul sito, tra loro il finanziere Davide Serra con circa 300mila euro, altri invece non hanno dato il consenso a rendere note le donazioni. L'azienda sotto accusa è tra questi ultimi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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