Non esiste disciplina olimpica con un record così macabro: due morti nella stessa giornata di gara. Soltanto sport estremi possono forse vantare simili livelli di pericolosità: succede di morire nelle immersioni subacquee e nella arrampicate più ardite, succede nell'alta velocità di auto e moto, capita ogni tanto nel ciclismo e nel pugilato, certo può capitare anche giocando a bocce o tirando con l'arco. Ma due atleti di alto livello deceduti alle Olimpiadi degli scacchi sono un qualcosa che evidentemente lascia storditi e increduli. Eppure questo è il bilancio dell'ultima giornata di gare a Tromso, in Norvegia, presenti 1800 atleti di 174 paesi. Prima tocca a un 67enne di origini svizzere, ma iscritto con i colori delle Seychelles: nelle fasi cruciali della partita contro un rwandese lo vedono improvvisamente sbiancare e accasciarsi. Il collasso è fatale, non c'è modo di rianimarlo. Poco dopo, la seconda vittima. A pagare l'alto rischio degli scacchi è stavolta un uzbeko: dopo averlo atteso invano in sala, lo trovano morto nella sua camera d'albergo.
Il grande avvenimento scacchistico si chiude nella mestizia più profonda. Le autorità locali aspettano i risultati delle autopsie prima di esprimere certezze. Sui siti di mezzo mondo si parla anche di giallo, lasciando aperto uno spiraglio alle ipotesi più inquietanti. Certo nelle nostre fantasie di gente che ha visto molti thriller, pure troppi, l'idea di avvelenamenti e vendette dentro l'ambiente raffinato degli scacchi è un classico. Intrighi internazionali e misteri ingarbugliati sono all'ordine del giorno, dietro le facce enigmatiche e imperscrutabili dei grandi giocatori. Spesso, nei film, sono spioni e agenti speciali sotto copertura, eccetera eccetera.
Però dobbiamo andarci molto cauti, con le nostre sceneggiature. In questo mondo reale delle Olimpiadi norvegesi, al momento tutto lascia pensare che i due scacchisti siano morti per cause naturali. Schiantati dalla fatica e dalla tensione. Era già successo 2000 al gran maestro lettone Vladimir Bagirov, stroncato da un infarto durante un torneo in Finlandia. Come amiamo dire noi umani post-moderni, sarebbero vittime dello stress, questa tremenda ebola del mondo evoluto che ormai ci serve a spiegare tutto, dalla gastrite agli sfoghi sulla pelle, dalla caduta dei capelli ai diverticoli infiammati.
Così, improvvisamente ci ritroviamo a fare i conti con l'alta pericolosità di uno sport considerato rilassante e rigenerante, almeno per noi incapaci di distinguere il cavallo dall'alfiere. Caspita, persino don Matteo e il maresciallo Cecchini giocano a scacchi mentre risolvono i delitti più complicati. L'idea che abbiamo noi profani è che gli scacchi siano un equivalente della pesca, della lettura, della musica. Sappiamo bene che anche pescare trote può comportare il rischio di essere portati via dalla piena, che durante la lettura sulla sdraio può colpirci un fulmine in fronte, che ascoltanto musica può esplodere l'impianto. Ma sono più che altro ipotesi estreme, scrupoli che teniamo aperti conoscendo la caducità della condizione umana. Uguale la nostra concezione degli scacchi, al netto dell'imponderabile.
E invece. Basta aprire un po' i confini limitati dei nostri luoghi comuni per apprendere quanto dura e faticosa sia la scacchiera. È lo sport dell'immobilità e del silenzio, tant'è vero che il verbo muovere viene usato soltanto per i pochi centimetri dei pezzi. Ma è stupido fermarci all'apparenza. È dentro la testa, dentro l'intero apparato cardio-vascolare che si affrontano le prove più feroci. Certe partite possono durare anche sei ore. La tensione sottopone il giocatore a impegni psico-fisici di inaudita intensità. Dunque non è per niente incredibile, non ha nulla di eccezionale, che qualcuno alla fine ceda. Ci sono pensionati che non reggono lo stress della coda in Posta, ci sono scacchisti di fama mondiale che muoiono alle Olimpiadi. Bisognerebbe farsene una ragione.
Tuttavia, non so perché, continuo a sperare che dietro queste due morti ci sia un giallo internazionale. In qualche modo lo trovo più rassicurante. Per noi profani, non è piacevole scoprire che gli scacchi sono lo sport dell'immobilità e del silenzio, ma eterni.
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