Come politici consumati, i grillini scoprono il piacere di disattendere le promesse fatte a mezza voce e di rivendicare il primato delle regole costituzionali ogni qual volta il vento renda necessario issare questa vela di scorta. Tanto che un vago sadismo traspare dallo sguardo del deputato Roberto Fico quando annuncia: «No al canguro e sì a mettersi a lavorare, giorno e notte, sui 500 emendamenti da votare uno per uno. Ci sembra il minimo per avere un serio dibattito che porterà poi magari all'approvazione delle unioni civili, come noi vogliamo».
La furbata di Casaleggio e Di Maio (sintetizzata dalle parole di Fico) fa pendant con la solita reprimenda grillina che sputtana apertis verbis (quindi su Twitter) il gesto distratto di Giorgio Napolitano, reo di aver dimenticato in aula la sua tessera. Insomma da un lato c'è Grillo che tratta l'ex presidente della Repubblica come un furbetto qualsiasi, dall'altra c'è il vicepresidente della Camera (Di Maio) che difende regolamenti e dibattiti parlamentari. In mezzo c'è il focoso Alberto Airola, il senatore grillino che martedì ha fatto fuoco e fiamme in aula sbugiardando i tatticismi della Lega e le ipocrisie di Grasso stesso e della coppia di fatto Pd-Ncd, che fanno strame - a suo dire - delle regole quando conviene e quando invece non conviene rimandano i disegni di leggi alla verifica di costituzionalità. Chiedendosi poi maliziosamente, il giorno dopo, «chissà perché il Pd non vuole iniziare a votare». Già martedì sera, prima di imbarcarsi sull'aereo che l'avrebbe riportato in Italia, Renzi liquidava il voltafaccia dei senatori grillini come la miglior cifra per definirli dei «voltagabbana». Pensando già al modo di portare avanti il ddl, magari stralciando proprio il controverso articolo sulla stepchild adoption. In casa grillina, però, non tutti festeggiano il gran colpo messo a segno al Senato. C'è per esempio il sindaco di Parma Federico Pizzarotti che rimprovera i colleghi del movimento per l'occasione persa in Senato. Avrebbe voluto, il primo cittadino di Parma, che il ddl Cirinnà fosse votato (anche col «canguro»). E per censurare il comportamento dei senatori grillini rispolvera un'ormai abusata citazione di don Milani («a che servono le mani pulite se poi si tengono in tasca?»). Senza accorgersi che questa è ormai da tempo la linea politica del Pd che, come ha a suo tempo spiegato il presidente del partito Matteo Orfini, è inevitabile sporcarsi le mani (se le si usa).
Il più carismatico dei parlamentari grillini Alessandro Di Battista sprona i compagni a non farsi abbattere dalle critiche. Dai tempi del «perché non avete fatto l'accordo con Bersani» a oggi - tuona Di Battista - le «menzogne contro di noi sono miliardi». La più spettacolare di queste critiche è andata in scena ieri sera davanti al romano teatro Brancaccio (dove era in programma lo spettacolo di Beppe Grillo), dove le associazioni in difesa dei diritti degli omosessuali hanno inscenato il primo «Vaffa day gay».
Il colpo mortale al Pd però lo tira la capogruppo grillina al Senato Nunzia Catalfo che ha chiesto di continuare a votare il ddl Cirinnà anche nel fine settimana. L'aula ha negato la richiesta e il voto smaschera il tatticismo renziano meglio di mille parole. «È inaccettabile - commenta la senatrice - che i democratici chiedano un ulteriore rinvio su una legge proposta da loro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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