"Renzi? It's a big problem...". La scissione fa tremare il Pd

Non solo Zingaretti. I pezzi grossi del Pd giudicano un errore l'addio di Renzi al partito. Tra loro Pisapia, Gentiloni, il presidente toscano Rossi e soprattutto il ministro Franceschini. Che a un ministro tedesco confessa: "È un big problem"

"Renzi? It's a big problem...". La scissione fa tremare il Pd

Tutti contro Matteo Renzi, ma senza (troppo) rancore. È il "sentiment" che prevale in queste ore nel Pd dopo l'annuncio dell'ex premier del suo addio al partito dopo 12 anni di militanza ininterrotta. A una manciata di ore dall'ufficializzazione della scissione, sono già svariate decine gli esponenti dem, nazionali e locali, ad avere commentato la scelta di Renzi. Tra loro, oltre al segretario Nicola Zingaretti - "Un errore dividere il Pd" - ci sono alcuni pezzi grossi. Tra loro spicca l'eurodeputato ed ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. "Da scout a scout: non condivido, ma buon cammino", il suo stringato commento su Twitter.

Non risparmia caratteri, invece, il presidente della Toscana, Enrico Rossi, che su Facebook argomenta: "Renzi dice che lascia il Pd. Anche se lo considero un errore è una scelta che rispetto e mi auguro che non lasci spazio a invettive, conflitti e attacchi personali". Rossi, rientrato nel Pd da pochi mesi dopo averlo abbandonato in polemica proprio con l'ex premier, sparge altro miele: "Penso che per lui e per gli altri la decisione di lasciare il Pd non sia una scelta facile ma sofferta, frutto di un vero travaglio politico e personale".

Durissimo, invece, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: "Ogni volta che fa un gesto buono, e sicuramente è stata una buona cosa il contributo che Renzi ha dato alla costruzione di questo Governo, poi, è più forte di lui, ne fa sempre uno al contrario. Mi dispiace - ha aggiunto il governatore pugliese - dal punto di vista umano e dal punto di vista politico". Ma "un minimo di rispetto nei confronti del presidente del Consiglio avrebbe potuto utilizzarlo, invece non c'è niente da fare, è sempre lui e, come si dice, ce lo dobbiamo tenere così".

Più soft il giudizio del commissario europeo agli Affari economici ed ex premier, Paolo Gentiloni: "Per me il Pd non è un episodio. È il progetto di una vita. Ci ho lavorato con Veltroni e Renzi, sono stato in minoranza con Bersani. Oggi è uno dei partiti progressisti europei più forti e aperti al futuro. In tempi così difficili, teniamocelo stretto. E guardiamo avanti", mentre l'ex ministro Maurizio Martina è tranchant: "Uscire dal Pd è un grave errore. Non ho mai visto il centrosinistra rafforzarsi con le divisioni. E poi, adesso che siamo al governo, le nuove responsabilità verso il Paese richiedono più unità, non meno", bocciando la teoria per cui l'addio di Renzi ai dem non minerebbe la stabilità del governo: "Se guardo alle esperienze vissute, dividere la coalizione che sta al governo non ha mai aiutato il governo stesso. C'è il rischio di conseguenze non positive". Tra i big del partito, però, non dominano soltanto sconcerto e delusione. Ma anche preoccupazione.

Vedi il ministro delle Politiche agricole, Dario Franceschini, un tempo molto vicino a Renzi. Dopo avere fatto fatto intendere che la mossa di Renzi potrebbe portare alla nascita di un regime ("Nel 21-22 il fascismo cresceva sempre più. Popolari, socialisti e liberali avevano la maggioranza in Parlamento, fecero nascere i governi Bonomi, Facta I, Facta II. La litigiosità e le divisioni li resero deboli sino a farli cadere facendo trionfare Mussolini.

La storia dovrebbe insegnare"), prima dell'inizio di un convegno in Triennale, a Milano, la sua omologa tedesca Michelle Muntefering gli si è avvicinata chiedendo "What is Renzi doing now?", cioè che cosa sta facendo Renzi. Risposta di Franceschini: "Today it is a big problem". A dirla con il ministro, l'addio dell'ex premier è un bel problema per il Pd.

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