L'indicazione è venuta direttamente dall'alto, dalla segreteria del capo del Dipartimento della pubblica sicurezza presso il Viminale: andateci piano. Di fronte all'impatto dell'ultimo decreto sulla vita quotidiana, soprattutto nelle regioni di fascia rossa, ma anche per la oggettiva incomprensibilità di alcune norme, l'indicazione fornita alle questure, e da questa trasmessa ieri mattina nei briefing di inizio turno delle Volanti e degli equipaggi del 112, è stata chiara: tranne che in casi di violazioni eclatanti e deliberate, per adesso il vostro compito è sopratutto spiegare. Non si va alla caccia del runner fuori zona o della coppietta che va a prendersi il caffè da asporto nel bar più vicino. Non è solo questione di buon senso ma di impossibilità pratica: visto che anche nelle zone rosse la serie di attività tuttora consentite è talmente ampia da rendere impossibile per poliziotti e carabinieri distinguere a occhio nudo chi si muove per andare a lavorare (lecito), per fare la spesa (lecito), per comprarsi un libro (lecito) da chi semplicemente bighellona (illecito).
Il problema è che alla fine saranno loro, i poliziotti e carabinieri delle pattuglie, a trovarsi in prima linea. A rappresentare lo Stato, a fare rispettare una norma dura e per alcuni aspetti controversa. «E teniamo presente - spiega Domenico Pianese, segretario del sindacato di polizia Coisp - che il susseguirsi di quattro o cinque Dpcm uno dopo l'altro non ha disorientato solo i cittadni, ha anche messo in difficoltà gli operatori di polizia. Si emette un decreto a mezzanotte e si pretende che la mattina dopo noi lo si traduca in pratica, come se di notte ci fosse stata inoculata la conoscenza precisa delle norme e di come farle rispettare. Ci sono difficoltà oggettive nel rapportarsi con i cittadini, che son acuite dalla divisone del Paese in tre fasce con regole diverse. E molti poliziotti, come quelli del Reparto Mobile o della Stradale, si trovano ad operare in territori con leggi diverse, cambiando approccio a ogni passaggio di confine. Non sarà facile».
Ma l'indicazione della «mano morbida» partita dal Viminale è figlia anche di una diversità profonda tra il lockdown di marzo e aprile e quello in vigore da ieri. Sei mesi fa, era quasi sparita la criminalità comune: desertificando le strade, il decreto aveva richiuso in casa anche i delinquenti. Risultato: crollo del 75 per cento dei reati, e forze dell'ordine in grado di dedicarsi a assicurare il rispetto del Dpcm. Oggi invece si circola, insieme ai cittadini circola la malavita: «Laconseguenza è che non c'è nessun segnale di affievolimento dei trend delle attività crminali - spiega Pianese - i colleghi sul territorio devono confrontarsi ogni giorno con una situazione criminale della stessa intensità dell'epoca prima del Covid.
Anzi, ancora peggiore, perché la modifica recente dei decreti sicurezza ha aperto le porte a un'ondata di flussi incontrollati, come le migliaia di ingressi in un mese dalla frontiera slovena, che inevitabilmente si trasformano in problemi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica. È chiaro che non si può pretendere che un poliziotto si moltiplichi per due o per tre, dando la caccia tanto al rapinatore e allo spacciatore quanto a chi esce di casa in barba al decreto».
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