Il Pd, dopo il voto, è sempre più nel caos. Lunedì scorso, in una concitata conferenza stampa, il leader del Pd, Matteo Renzi ha annunciato le sue dimissioni da segretario. Poi è arrivata una postilla: "Ma congresso e primarie solo dopo la formazione del governo. Poi farò soltanto il senatore". Tanto è bastato per far infuriare la fronda dem che invece ha chiesto un passo indietro immediato da parte dell'ex premier. Su questo fronte ha rincarato la dose proprio il leader della minoranza Dem, il Guardasigilli Andrea Orlando: "on ci deve essere nessun traccheggiamento. Lo statuto del Pd dice che se cade il segretario si dimette tutto il gruppo dirigente. Se non ci sono le dimissioni, Renzi chiarirà perchè non si deve dimettere". Poi l'appello di Orlando a Renzi si fa ancora più esplicito: "Renzi non si può dimettere dopo la formazione del governo. Mi aspetto che si dimetta. È quello che dice lo Statuto. Non c’è bisogno di alcuna sfiducia. Renzi si è dimesso. Abbiamo chiesto chiarezza rispetto agli effetti delle dimissioni. Non credo sia una cosa che stia in piedi. C’è un problema di legittimazione per chi deve interloquire".
A questo punto a chiarire le idee nel partito arrivano le parole di Orfini, presidente del Pd che afferma: "Matteo Renzi si è formalmente dimesso lunedì. Come da lui richiesto nella lettera di dimissioni, e come previsto dallo statuto, ho immediatamente annunciato la convocazione dell’assemblea nazionale per gli adempimenti conseguenti. Contestualmente - aggiunge - ho convocato la direzione nazionale che sarà aperta dalla relazione del vicesegretario Martina. Nella direzione discuteremo le scelte politiche che il Pd dovrà assumere nelle prossime settimane.
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