Doveva essere il giorno delle parole ed, invece, arrivano solo silenzi. Davanti agli inquirenti gli indagati della Levante preferiscono non parlare. Fuori, però, mentre spuntano nuovi testimoni e vittime dei metodi forti di via Caccialupo, il quadro tende sempre più al cupo.
Ieri sono comparsi davanti al gip Luca Milani due dei protagonisti più attesi di questa Gomorra in salsa piacentina. Ladies first: prima è toccato a Maria Luisa Cattaneo, la «Mery» di Codogno, compagna di Peppe Montella, considerato l'uomo forte e violento della Levante. Con lui un unico destino, la villa sul Trebbia, lussi, oneri e onori dello smercio e del giro del fumo, secondo l'accusa. Ah, poi, c'erano anche tre ragazzi, fra i 7 e gli 11 anni: due figli di lei, uno di lui, per una famiglia allargata dove si condivideva tutto, anche le battute tronfie da duro delle fiction in cui Peppe si vantava davanti ai pargoli di aver menato forte questo o quel pusher. Mery per sempre, ora ai domiciliari con l'accusa di concorso in spaccio: zitta ieri, loquacissima prima, nelle intercettazioni in cui si ritagliava il ruolo di contabile e consigliera. Sia quando c'era da metter via (o spendere) il denaro, sia quando c'era da solcare in un lungo e in largo la A1 per qualche consegna di droga.
Di questo ha taciuto davanti agli inquirenti, ai quali ha però negato, rilasciando una serie di dichiarazioni spontanee, ogni coinvolgimento nel giro della droga, ricostruendo, semmai il suo rapporto con Montella. Il suo avvocato, Daniele Pezza, l'ha descritta come «molto provata». Uno stato d'animo fotocopia, ricorrente nel branco della Levante: è lo stesso dipinto sul volto di Marco Orlando, maresciallo maggiore che della caserma doveva essere il comandante. Palermitano, classe 1970, si è avvalso della facoltà di non rispondere: secondo il suo legale Antonio Nicoli lo farà in un secondo momento.
Strategia attendista, è lui uno degli uomini chiave della vicenda, forse non per carattere, ma proprio per assenza di carisma: le carte si riferiscono a lui parlando di «Dolose omissioni, falsità, superficialità e accidia».
Superiore di Montella, come poteva se non sapere, almeno non vedere che cosa fosse diventata quella caserma? I suoi silenzi rendono ancora più rumorose le rivelazioni di alcuni trans che, dal giro di via Torta, ora lo accusano, sempre in tandem con «Peppe», di ricatti e violenze e che ora vogliono essere ascoltati da chi indaga. Nikita, il brasiliano, era un fedelissimo in via Caccialupo. Chi, però, era più amico «degli altri», leggasi della polizia, veniva costretto, col ricatto, a passare dalla parte dei carabinieri, per favorire qualche soffiata sul giro di prostituzione e spaccio della città. Nell'ufficio di Orlando, stravagante alcova con la foto del presidente sulla parete, si sarebbero svolti diversi festini, uno, durante il lockdown, anche per festeggiare Giacomo Falanga, un altro dei carabinieri indagati. «Ma quali feste? In 30 anni non ho mai ricevuto una sanzione, come credete che mi senta?» il commento che Orlando si è lasciato sfuggire dopo l'incontro con gli inquirenti. Oggi si arriva al vertice, o forse all'abisso, con l'interrogatorio di Stefano Bezzeccheri, comandante della compagnia di Piacenza. Intanto la caserma Levante resta sotto sequestro: ieri il procuratore capo Grazia Pradella ha effettuato un sopralluogo con la guardia di Finanza. Qui è atteso anche il Ris di Parma, alla ricerca di tracce che confermino che qui non si indagava soltanto. Ma si picchiava. Un primo esame avrebbe portato al sequestro di duemila euro, oltre a materiale fotografico.
La visita del Ris potrebbe, però, slittare di una decina di giorni se oggi sarà accolta la riserva di richiesta di incidente probatorio, presentata da uno dei militari indagati, Angelo Esposito: «I fatti contestati risalirebbero a mesi fa: quindi riteniamo spiegano i legali Maria Paola Marro e Pier Paolo Rivello - che questa misura dia garanzie maggiori, di cui
potrebbero beneficiare anche gli altri indagati, rispetto agli accertamenti irripetibili richiesti dalla Procura che di solito si compiono sulla scorta dell'urgenza». Dieci giorni ancora e un abisso di cui non si vede il fondo.
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