Il prestigio dei vini grandi vini italiani passa per... Bordeaux. La capitale francese del vino è stata scelta dal gruppo Frescobaldi come sede di un ufficio di rappresentanza che rafforzi la rete vendita di Ornellaia, Masseto, Tenuta Luce e Brunello di Montalcino Castel Giocondo. La novità sarà presentata alla fine di gennaio e rappresenta l'occasione per discutere con Giovanni Geddes da Filicaja, ad del gruppo Frescobaldi, della salute dei fine wines italiani 35 anni dopo la loro irruzione in un mercato fino allora dominato dalle maison francesi.
Geddes, che significato ha un ufficio di rappresentanza di grandi vini italiani nel cuore della grandeur enologica francese?
«Fare grandi vini non basta, bisogna anche comunicarli e distribuirli al meglio. Nel 2009 il Masseto vendemmia 2006 è stato il primo vino italiano a essere distribuito attraverso la Place de Bordeaux dapprima con cinque negociants, ora con quindici. Poi sono arrivati a Bordeaux Ornellaia, Luce della Vite e CastelGiocondo Brunello. Quattro vini, quattro diversi brand, ma lo stesso successo eccezionale».
Chi dirigerà l'ufficio?
«Un bordolese doc, Patrick Lachapèle, che tornerà a casa dopo sedici anni in Asia».
Una sfida importante dopo un periodo che immaginiamo non facile...
«In realtà nel 2020 siamo stati presi un po' alla sprovvista, abbiamo fatto due volte una revisione del budget, la prima volta a giugno sembrava una tragedia. Alla fine è risultato che i vini alti di gamma non hanno perso nulla rispetto al 2019 anzi hanno guadagnato qualcosa. E nel 2021 dopo le riaperture dei ristoranti c'è stata una domanda enorme. Quest'anno ci sarà una crescita importante, naturalmente più in valore che in volumi».
Grandi crescite, ma ancora un gap importante rispetto alla Francia nel valore percepito...
«L'Italia è entrata nel mondo dei fine wines appena 35 anni fa, niente rispetto ai due secoli di regno francese, loro che hanno iniziato a classificare i loro vini già nel 1855. Quindi è già una storia di successo, poi senza dubbio negli ultimi cinque anni hanno avuto una crescita importantissima. E i fine wines italiani hanno anche un bilanciamento dei mercati migliore di quelli francesi. E pensare che all'inizio, quando abbiamo iniziato a lavorare sulla piazza di Bordeaux, le maison francesi non volevano nemmeno che usassimo i loro agenti».
E in Italia? Siete profeti in patria?
«Il mercato italiano soffre di più ma resta importante. E la pandemia ci ha aiutato perché i fine wines sono diventati una sorta di bene rifugio anche emotivo. Non potendo andare nei ristoranti, la gente è andata a comprare dei fine wines, la domanda è stata fortissima. Chiaramente questo ha agevolato soprattutto i brand più conosciuti, l'etichetta significa molto, è la garanzia della qualità e la giustificazione del prezzo. Ma questo vale anche nella moda, negli orologi, nelle automobili, in tutto il mondo del lusso. Anche se a me non piace questa parola».
Che in Italia si pronuncia con un po' di senso di colpa.
«Già. Il lusso può non piacere come parola ma rappresenta una parte importante della nostra economia».
Novità per il 2022, Bordeaux a parte?
«Abbiamo appena acquistato un'azienda che fa Nobile di Montepulciano, ma vogliamo crescere soprattutto con i brand che già abbiamo.
Come Ornellaia a febbraio presenteremo la nuova vendemmia di artista, il progetto che dal 2006 ci spinge a chiedere a un artista di interpretare il carattere specifico della vendemmia con un'opera site specific e con etichette di bottiglie che mettiamo all'asta e il cui ricavato devolviamo al Guggenheim di New York per il progetto Mind's Eyes, che vuole aiutare i non vedenti e godere dell'arte».
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