sisteE siti positivi e tempi di dimissione dopo un intervento in ospedale. Appropriatezza delle prestazioni. Tempestività nella risposta dei mezzi di soccorso. Copertura vaccinale e screening oncologici. Sono tra gli indicatori più significativi monitorati dal ministero della Salute per stabilire se una regione risponde in modo adeguato ai bisogni di salute della popolazione in base ai parametri dettati dai Livelli Essenziali di assistenza (LEA).
In testa promosse a pieni voti la Lombardia, il Piemonte, il Veneto la Liguria e l'Emilia Romagna. Ovvero proprio quel nord più duramente colpito dall'emergenza coronavirus. Nelle classifica generale sui LEA che guarda a tre macroaree (ospedaliera, prevenzione e distrettuale) sono 11 le Regioni promosse rispetto ai tre indicatori. I dati segnano un miglioramento nel 2017 rispetto al 2016 in merito all' assistenza ospedaliera in tutta Italia mentre appare ancora in sofferenza l'assistenza territoriale e la prevenzione.
Proprio i due settori che hanno giocato un ruolo cruciale nella diffusione del coronavirus. Le altre regioni promosse sono Toscana, Umbria e Marche, Trento Abruzzo e Puglia.
La Lombardia rispetto alla griglia dei LEA raggiunge un punteggio complessivo di 215. Fanno meglio solo il Piemonte con 218, il Veneto con 222, l'Emilia Romagna con 221 e la Toscana con 220. In fondo la Calabria con 162. Eppure nelle ultime settimane travolti dall'epidemia Covid 19, che ha messo in ginocchio soprattutto il nord, sul modello lombardo sono piovute moltissime critiche.
A volte ragionate e a buon fine allo scopo di correggere gli errori e migliorare lo stato delle cose. A volte invece soltanto spari ad alzo zero per demolire l'immagine di una regione già ferita e sconvolta dall'emergenza. Quella stessa regione che fino a una manciata di giorni prima accoglieva pazienti da tutta Italia. Persone che evidentemente preferivano non curarsi nella loro regione d'origine ritenendo di avere in Lombardia un servizio migliore.
Tra gli indicatori dei LEA infatti c'è anche quello della mobilità sanitaria in entrata ed in uscita. Un fenomeno che presenta criticità, scrive la Corte dei Conti analizzando i dati sulla qualità dei servizi sanitari nel suo Report sul coordinamento della Finanza pubblica. In sintesi ci sono regioni che attraggono molto e altre nelle quali si preferisce non curarsi e questo crea gravi squilibri sul territorio. Ed è la Lombardia, scrivono ad esempio i magistrati contabili, «il luogo di preferenza per i ricoveri per le patologie oncologiche» ed è qui che affluisce «il 29% di tutti i pazienti che si curano fuori regione per queste patologie». Nel 2018 la Lombardia presenta un «saldo» di mobilità positivo di oltre 100mila pazienti (la differenza tra chi esce e chi entra) soprattutto per i reparti di alta specializzazione.
E non stupisce perché in effetti sulla base dei parametri stabiliti dal ministero della Salute e dalle agenzie tecniche di emanazione governativa quello lombardo è uno dei migliori sistemi della Penisola. Allora: o quei parametri sono del tutto sballati oppure si deve riconoscere che il coronoavirus ha mandato in tilt i sistemi sanitari di tutto il mondo ed ora la cosa più giusta da fare è imparare da questa tragica esperienza magari includendo nei LEA nuove voci specifiche. Tra i parametri dei LEA l'assistenza alle persone anziane o non autosufficienti nelle Rsa: maggiore è la capacità d'accoglienza migliore la valutazione. Poi però le Rsa si sono trasformate, là dove c'erano, in focolai mortali per le persone fragili.
Nel dossier analizzato dalla Corte dei Conti si sottolinea come quella dell'assistenza territoriale sia la parte più debole del sistema sanitario nazionale. Ma ad esempio per quanto riguarda l'assistenza domiciliare agli anziani la Lombardia si colloca sopra alla media (molto bassa) dell'1,88 per mille abitanti con un 2,5 nel 2018. Certo fa meglio il Veneto con il 3,5 ma è in discesa rispetto al 4,2 del 2017.
Ma ci sono regioni come la Sardegna che non forniscono il dato o come il Lazio e la Puglia sotto il 2. E sui posti in residenza per anziani la Lombardia è a 31,8 posti per mille residenti contro 1,3 posti della Campania e i 21,9 del pur organizzatissimo Veneto.
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