Ostaggi, armi, negoziati. Netanyahu cerca la sponda degli Stati Uniti

Il premier israeliano vuole conferme dell'alleanza. E intanto fa 70 morti bombardando Khan Yunis

Ostaggi, armi, negoziati. Netanyahu cerca la sponda degli Stati Uniti
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Benjamin Netanyahu vola negli Stati Uniti da Joe Biden, mentre il suo esercito chiede un'altra evacuazione dal Sud della Striscia, dove infuria ancora la guerra con Hamas. Il premier israeliano vedrà pure Kamala Harris e Donald Trump, mentre domani è in programma un discorso al Congresso in cui dovrebbe spiegare le ragioni della guerra a Gaza, anche se nel frattempo proseguono i negoziati per il cessate il fuoco.

L'ufficio di Netanyahu ha fatto sapere che giovedì verrà inviato un gruppo di negoziatori per continuare i colloqui. L'Egitto, il Qatar e gli Stati Uniti continuano a spingere Tel Aviv e Hamas verso un patto che includerebbe lo stop dei combattimenti e la liberazione degli ostaggi. Lo Stato ebraico «rimarrà un alleato di Washington, indipendentemente da chi sarà eletto presidente. America e Israele stanno insieme oggi, domani e sempre», ha sottolineato Netanyahu prima di partire. Il premier ha parlato ai media mentre era accanto a Noa Argamani, ostaggio liberato il mese scorso che andrà anche con lui negli Usa. Pure Shelly Shem Tov, la madre del prigioniero Omer Shem Tov, rapito il 7 ottobre dal festival musicale Supernova, ha deciso all'ultimo minuto di unirsi al viaggio. «Aspetto il momento in cui riceverò la telefonata di Omer che mi dirà che torna a casa», ha raccontato la donna, e ha aggiunto: «Omer non è più attaccato da un cordone ombelicale ma lo sento, lui mi invita ad agire. Sto volando per riportare a casa il mio Omer».

L'esercito israeliano ha però confermato la morte di altri due ostaggi. Si tratta di Alex Dancyg, 75 anni, e Yagev Buchshtav, 35. Si ritiene che fossero detenuti insieme a Khan Yunis, e che siano morti diversi mesi fa. Si sta indagando sulla possibilità che siano stati uccisi dal fuoco dell'esercito stesso. A marzo Hamas aveva affermato che Buchshtav era morto per mancanza di cibo e medicine e che Dancyg era stato ucciso dalle bombe israeliane. Dancyg era un polacco-israeliano, nato a Varsavia nel 1948 da sopravvissuti all'Olocausto e la sua famiglia era arrivata in Israele nel 1957. La moglie di Buchshtav, Rimon Kirsht, invece, era stata presa prigioniera con il marito ma rilasciata il 28 novembre. Buchshtav era un musicista e costruiva anche strumenti musicali. La sorte sembra accomunarlo al bisnonno che era stato rapito in gioventù e costretto a prestare servizio per lo zar russo, ha raccontato la madre Esther ad Haaretz. Tra le 116 persone tenute prigioniere nella Striscia e non liberate, 44 sono morte: sono dunque non più di 72 quelle ancora in vita.

L'inferno a Gaza però non ha sosta. Tsahal ha chiesto ai residenti dei quartieri della parte orientale di Khan Yunis e di alcune zone umanitarie di evacuare, perché sta pianificando un'operazione contro militanti di Hamas che si sono insediati lì e l'hanno usata per lanciare razzi verso Israele. Durante la guerra moltissimi palestinesi hanno dovuto spostarsi più volte in cerca di riparo. Intanto sono 70 le vittime dei raid aerei a Khan Yunis. Un filmato video ha mostrato l'arrivo di un camion carico di morti e di feriti al Nasser Medical Complex. La situazione è calda anche in Cisgiordania.

Lo Shin Bet ha annunciato di aver sventato i piani di una «cellula terroristica» palestinese del campo profughi di Aqabat Jabr, vicino a Gerico. Gli arrestati per ora sono Muhammad Tarik e Amin Qatash. I due hanno acquistato armi e reclutato altri «per rapire soldati israeliani e civili».

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