Ottiene il suicidio assistito: primo caso in Lombardia

Il comitato etico dà il via libera alla somministrazione del farmaco. La donna, cinquant'anni, era affetta da sclerosi multipla progressiva

Ottiene il suicidio assistito: primo caso in Lombardia

«La mia breve vita è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi». Inizia così il messaggio che «Serena» (nome di fantasia a tutela della privacy) ha voluto lasciare prima di mettere fine alla sua vita con il suicidio assistito. È il primo caso in Lombardia. In quella regione che appena un paio di mesi fa aveva portato in aula (e votato) una pregiudiziale di illegittimità costituzionale che riguardava il progetto di legge sul fine vita presentato dall'associazione Luca Coscioni. Serena aveva 50 anni e da oltre 30 era affetta da sclerosi multipla progressiva. Era paralizzata, costretta a una condizione di totale dipendenza con necessità di assistenza continua. È morta nelle scorse settimane, nella sua casa, nella località dove viveva, in Lombardia, a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria. Lo aveva chiesto 9 mesi fa, inviando la richiesta di verifica delle sue condizioni a inizio maggio 2024, come spiegano dall'Associazione Luca Coscioni che l'ha seguita. L'azienda sanitaria a fine luglio 2024, dopo l'acquisizione del parere del comitato etico le comunicava il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte con la sentenza Cappato. Sono infatti 4 i parametri che devono essere rispettati secondo la Consulta. E cioè la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli, la patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili e la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Le tappe poi, come spiega l'associazione Coscioni vedono a novembre, l'azienda sanitaria informare Serena che non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l'autosomministrazione, ma che doveva essere compito del suo medico di fiducia a indicare, il farmaco letale e la metodica per la sua autosomministrazione. E così è stato. «Serena» con l'avvocata Filomena Gallo e un collegio legale, ha inviato il tutto a firma del dottor Mario Riccio, il suo medico di fiducia. A dicembre la commissione di esperti e poi il comitato etico confermavano l'idoneità e l'azienda sanitaria la fornitura del farmaco. Ma non quella del medico. A gennaio l'autosomministrazione del farmaco letale. «La Regione Lombardia ha fornito l'aiuto medico perché era suo dovere farlo - hanno commentato Filomena Gallo e Marco Cappato dell'Associazione Coscioni - Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell'irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia». Immediate infatti ieri le reazioni politiche che hanno tirato la giacca da destra e da sinistra all'assessore al Welfare Guido Bertolaso. Che ha risposto: «Il dibattito politico non è una questione che riguarda la componente tecnica e quello che è il giudicato della Corte Costituzionale. In questo caso abbiamo semplicemente seguito quello che è il dettame della Corte costituzionale. Una sentenza della Consulta significa che diventa di fatto un diritto costituzionalmente acquisito». Bertolaso ha ricordato che in Lombardia è stata creato un comitato tecnico «composto da Gianni Canzio, presidente emerito del Tribunale di Milano, oltre ad alcuni scienziati di fama internazionale tra i quali Alberto Mantovani e il professor Zangrillo che hanno indicato quelle che sono le sequenze operative da seguire per adempiere ai dettami della Corte costituzionale». Non solo. «Il comitato etico ospedaliero creato appositamente, ha seguito la persona che aveva richiesto il fine vita. Da un punto di vista scientifico e giuridico credo che si sia trattato di un tragitto indiscutibile e sarà anche un po' un punto di riferimento nel caso si dovessero ripetere casi del genere. Abbiamo dimostrato che anche senza una decisione di giunta e senza una legge regionale, il rispetto del dettame costituzionale può essere eseguito». Ha chiarito di averne parlato anche con la magistratura ordinaria di Milano «che ha pienamente approvato il percorso adottato. Poi saranno le autorità politiche a decidere la strada da seguire». Una strada che in Regione aveva già creato divisioni, ma ora preannuncia spaccature più profonde. Una strada dove mette i suoi paletti anche il governatore Attilio Fontana. «Nessun cambio di rotta.

La questione che ci debba essere una legge nazionale è un conto, che si debba rispettare la sentenza della Corte è un altro», ha voluto sottolineare evidenziando che la Corte costituzionale «ha dettato linee ben precise a cui tutto il Servizio sanitario nazionale si deve attenere».

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