Il tristemente celebre «palpeggiatore» è stato rintracciato dalla polizia; e pure dal programma Mediaset Le Iene: oggi in prima serata sarà lui l'intervistato d'onore (onore si fa per dire). Andrea, tifoso viola, 45 anni, origini anconetane, con un ristorante a Firenze. Le immagini della telecamera che sabato sera ha immortalato in presa diretta lo schiaffo sul sedere assestato dall'«ultrà della mano morta» hanno permesso alle forze dell'ordine di individuare il principale aggressore della giornalista Greta Beccaglia, 27 anni, inviata di Toscana Tv. L'uomo è indagato per violenza sessuale: reato che prevede da 6 a 12 anni di carcere. Più il Daspo, cioè il divieto di accedere alle manifestazioni sportive. Resosi conto di averla fatta grossa, ieri sull'onda del clamore che ha trasformato la vicenda in un «caso nazionale» aveva tentato una tardiva manovra riparatoria: «Chiedo umilmente scusa, non so cosa mi ha preso in quel momento. Mi vergogno. Spero che la giornalista mi permetta di incontrala». Insomma, da umiliatore di donne a maschilista pentito. Ma l'inviata di Toscana Tv non si è intenerita e ha querelato la banda che l'ha aggredita fisicamente e verbalmente. Ieri Beccaglia è stata ospite del programma Rai Ore 14 che, per tutto il tempo dedicato alla vicenda ha mandato in onda - senza soluzione di continuità - il video incriminato: decine e decine di volte sempre la stessa scena; due o tre volte, forse, sarebbe stato sufficiente anche per i più duri di comprendonio del servizio pubblico. Durante il programma Greta si è mostrata pacata nei toni e nelle valutazioni, confermando quell'impressione di professionista equilibrata che aveva già offerto durante le fasi più drammatiche della disavventura vissuta davanti allo stadio di Empoli. Nel corso della trasmissione un consiglio opportuno a Beccaglia è venuto dall'«opinionista» Caterina Collovati (moglie dell'ex calciatore, lo stesso che tempo fa dichiarò: «Quando sento una donna parlare di tattica mi si rivolta lo stomaco» ndr): «Cara Greta, non farti strumentalizzare. Non accettare di essere esibita come un trofeo da chi vuole usarti per farsi pubblicità...». Rischio che è ben più di un'ipotesi se si pensa al profluvio di «solidarietà» (in parte sincera, in parte ipocrita) che da 48 ore si sta abbattendo sulla giornalista molestata soprattutto da parte da quella stessa classe politica che, nel giorno dedicato alla Giornata contro la violenza sulle donne, ha totalmente ignorato (8 presenti su 630!) l'intervento alla Camera della ministra Elena Bonetti. Intanto nel tritacarne è finito il capo della Beccaglia: il conduttore Giorgio Micheletti (ieri sospeso dall'emittente Toscana Tv), reo di aver «minimizzato la violenza subita dalla giornalista». Almeno così sostengono gli «organi di categoria» (Associazione Stampa Toscana e Gruppo toscano giornalisti sportivi-Ussi), intenzionati addirittura «a costituirsi parte civile». Nulla hanno invece da eccepire - gli «organi di categoria» - su un modello giornalistico che da 50 anni ricicla uno schema (anche nel rapporto donna-calcio), ormai più obsoleto del catenaccio: moduli polverosi a base di «servizi di colore» sul «clima pre e post partita», con tanto di «vivaci» interviste ai «tifosi delusi».
E chi meglio di una cronista brava e bella per animare la scaletta del palinsesto sportivo? Nelle redazioni non hanno dubbi. Greta Beccaglia era perfetta per porgere il microfono a gente che ignora il significato della parola rispetto. Se poi la situazione degenera? «Vai, non te la prendere...».
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