Cammina su due binari separati, Procura di Nola e Comune di Mariglianella, l'indagine sui 4 manufatti abusivi scoperti, dopo l'inchiesta de il Giornale, nei terreni di proprietà di Antonio Di Maio, padre del vicepremier Luigi di Maio. Ieri mattina, gli uffici comunali di Mariglianella (settore Urbanistica e Ambiente) hanno avviato il procedimento per formalizzare l'ordinanza di demolizione degli immobili abusivi.
I funzionari comunali, dopo aver riscontrato le irregolarità urbanistiche dei manufatti, hanno chiesto ai proprietari dei terreni di fornire le controdeduzioni. Ultimo passaggio, prima di chiudere la pratica con l'ordinanza di abbattimento. E non è escluso che a Mariglianella possano arrivare le ruspe salviniane con la missione di radere al suolo le case abusive della famiglia del vicepremier. Nel decreto sicurezza c'è la possibilità di ricorrere alle ruspe non solo per smantellare le baracche dei rom e dei Casamonica ma anche per gli edifici abusivi. Più lento, invece, il lavoro dei magistrati. Le due inchieste, reati ambientali e abusi edilizi, sono state riunite in un unico fascicolo. Ma c'è un terzo filone, per ora contenuto solo nelle ipotesi giornalistiche, che spaventa la famiglia del capo politico del M5S: l'elusione fraudolenta. Filone, già anticipato da il Giornale domenica 2 dicembre, collegato ai passaggi di società dell'attività imprenditoriale di Di Maio senior. Il Giornale ha visionato l'atto di ipoteca da parte di Equitalia, per un debito di 176.724 depositato negli archivi della Conservatoria di Santa Maria Capua Vetere. Gli anni al centro degli accertamenti fiscali sono compresi tra il 1995 e il 2005: i due enti creditori verso Di Maio senior sono Inps e Agenzia delle Entrate. L'emissione della cartella esattoriale, che nel 2010 ha portato all'ipoteca su due terreni e un fabbricato, contiene iscrizioni a ruolo per mancato il pagamento di Iva, Irap, Ires. E poi c'è tutta la parte del contenzioso contributivo con l'Inps. Però, dal primo gennaio 2006, per lo Stato il papà del vicepresidente del Consiglio non ha più alcuna attività censita dal Fisco. Nel 2005, Di Maio senior cancella, infatti, la ditta individuale artigianale che aveva costituito nel 1995. C'è il sospetto che dietro la decisione di rinunciare a fare impresa in prima persona, ci sia il tentativo di scappare dalle maglie del Fisco. Nel 2006, quindi, pochi mesi dopo la decisione di chiudere la ditta individuale, la moglie di Antonio Di Maio costituisce una nuova ditta individuale, Ardima Costruzione. L'attività è identica a quella appena sciolta dal marito: la costruzione di edifici residenziali. Dunque, se la missione imprenditoriale non cambia, perché la famiglia di Maio ha deciso di sostituire la scatola societaria? E poi: nel 2013 la ditta sarà donata ai figli Luigi e Rosalba Di Maio. Mentre l'attività rimarrà nelle mani di Antonio Di Maio. Circostanza confermata da Di Maio senior sia nell'intervista al Corriere della Sera che nel video pubblicato ieri su Facebook. Quasi un autogol, che potrebbe accendere la spia agli investigatori. «Non esiste nessuna elusione fraudolenta. Nel 2006 ho deciso di chiudere la mia azienda per debiti tributari e previdenziali che non ero in grado di pagare. Questi avevano bloccato l'attività di impresa per cui non vi era altra strada che chiuderla. Non ho sottratto i miei beni alla garanzia dei creditori, tanto è vero che, 4 anni dopo, nel 2010, Equitalia iscrive ipoteca legale su due terreni e un fabbricato.
Successivamente mia moglie ha avviato una nuova attività di impresa che ha pagato regolarmente le tasse», dichiara il papà del ministro nel video postato ieri sui social in cui, ancora una volta, discolpa il figlio ministro, assumendosi la responsabilità di tutto.
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